La Commedia dell’arte, nel XVI e XVII secolo, era una rappresentazione teatrale che non prevedeva ancora un copione rigidamente scandito da battute scritte per ogni interprete: c’era soltanto il “canovaccio”, sorta di trama semplicemente abbozzata e, di serata in serata, affidata agli umori e all’istrionismo degli interpreti.
La Juventus vista ieri sera contro il Napoli, che ha raggiunto il pareggio grazie al gol di Chiesa, dà esattamente questa impressione: interpreti di qualità media anche elevata (spesso non eccelsa) che spostano a tratti gli equilibri della partita grazie alle iniziative personali, ma mai la sensazione di una coralità con automatismi consolidati a livello di manovra.
Non da ieri, certo; forse però ieri si è notato più che in altre occasioni perché di fronte c’era un Napoli rimaneggiato, messo assieme in extremis ma, pur senza Luciano Spalletti in panchina, con una identità riconoscibile, a prescindere dagli interpreti; con una fluidità di gioco e una varietà di soluzioni che per ampi tratti hanno dato la sensazione di una superiorità degli azzurri a livello di collettivo.
Delle due, è stato il Napoli ad avere esibito un copione. Poi, la squadra di Allegri avrebbe potuto addirittura vincerla, in base a qualche episodio, ma il discorso non cambia di una virgola.
Paolo Marcacci
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