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Economia

“Con le imprese stanno lasciando morire anche le famiglie!” ▷ Prof Malvezzi lancia l’allarme

Mentre sui giornali e nei vari media si continua a parlare di Recovery Fund e PNRR, gli italiani vedono le loro casse impoverirsi sempre più. Se infatti, da una parte, non si fa altro che discutere dei famosi fondi europei arrivati per risanare l’economia italiana dopo il Covid-19, dall’altra i cittadini si trovano a fare i conti con una serie di ingenti aumenti che vanno ad interessare la vita quotidiana – dall’elettricità al carburante fino ad arrivare al grano – e che inevitabilmente mettono ancora più in ginocchio un popolo già in crisi.

Dall’altra parte si pone il problema delle micro, piccole e medie imprese, tessuto fondamentale in un Paese come l’Italia. Tali imprese, al giorno d’oggi, non vengono più tutelate, anzi, vengono spesso viste come una minaccia allo sviluppo sempre più ingente e massiccio delle corporale, che invece sono al centro degli interessi del potere, come si legge nel documento ‘Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid’. Valerio Malvezzi, a ‘Un Giorno Speciale’, ne ha parlato così.

“Se dovessimo credere alle cose che dicono, avremmo le vasche da bagno piene di soldi. I contributi europei hanno un significato diverso. Mentre i cittadini italiani ed europei sono inondati da informazioni propagandistiche circa il fatto che andiamo verso l’età dell’oro, io non la vedo affatto così. Anzi, nei dati continuiamo ad avere problemi nell’occupazione, nel lavoro e via discorrendo. Penso ci sia la volontà da parte delle persone di tornare al silenzio. La mia posizione è isolazionista, di staccarmi dalle questioni contingenti. Questa situazione ha due vie: la via di uno statista che venga e cambi la rotta o la mia via, di chi si chiude sui libri e cerca una soluzione pratica.

Io ho criticato la scelta del professor Draghi quando ancora qualcuno non era schierato pro, anche se ora nessuno è schierato contro. Non è comunque una questione dell’uomo. Dal punto di vista del curriculum è il più brillante economista italiano. Questa scelta sconta però la linea politica.
Andiamo a leggere il documento Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid, su come strutturare e rilanciare il mondo delle corporate dopo questa pandemia che stiamo vivendo. La scelta politica è chiara. Dato che queste riforme sono quelle che Churchill avrebbe chiamato ‘lacrime e sangue’, ossia che hanno un impatto, loro le fanno fare ai banchieri perché non possono essere contrastati da una base elettorale. E poi dicono: ‘Se dobbiamo salvare l’economia non possiamo salvare tutti’. Così le piccole e medie imprese si devono adeguare, e se non ce la fanno, peccato. In questa sorta di darwinismo economico c’è una precisa scelta.

Il concetto che passa è che piccolo è nano: esiste nel modello di rating il rapporto tra il debito finanziario e il patrimonio netto. Le imprese italiane visto che hanno poco patrimonio netto, nel mondo finanziario internazionale sono destinate a soccombere quindi devono crescere di dimensione. La domanda che io pongo è: come mai le imprese italiane non avevano questi problemi più o meno fino al 1995-1996-1997? Trovo curioso che proprio in quegli anni, quando eravamo estremamente competitivi nei confronti di Francia e Germania, ci agganciamo all’euro e perdiamo di competitività. E questa questione è stata travisata facendo apparire il popolo come smidollato, come le cicale che sono abituate a consumare e non a risparmiare. Gli italiani sono il popolo che ha il più alto livello di risparmio tantoché l’80% degli italiani hanno casa di proprietà. Quindi è chiaro che c’è tutta una leggenda di pensiero unico internazionale che ha l’interesse di farci apparire come spreconi e incapaci di risparmiare. Il cambio fisso ha scaricato sulla deflazione salariale la svalutazione della moneta.

Tutto quello che avviene in economia non è mai naturale, neutro, oggettivo ma è sempre una scelta politica. L’economia è una scelta sulla distribuzione della ricchezza da A a B. Se io decido di privilegiare A a B non c’è una legge assoluta. Guardate le cose che ci hanno raccontato negli anni sul rapporto debito-PIL che non poteva superare il 60% e poi magicamente diventa al 100%. Quello che è importante è che più che lasciar morire le piccole imprese, l’approccio mondiale è una sorta di vivace coercizione. Cosa vuol dire? Che se il piccolo imprenditore italiano non si mette a capire lo stesso linguaggio e le stesse regole, le stesse cose che fanno nel mondo corporate, rischia di rimanere la palo. Le riforme di Basilea non tengono conto delle peculiarità italiane e del fatto che noi abbiamo circa il 90% tra piccole, medie e micro imprese. Quindi rispetto al dato di sottocapitalizzazione si aggiunge il family business. Qui c’è un problema sociale e lo dico perché il mondo politico spero che ne tenga conto. Se tu hai uno stato come l’Italia in cui impresa e famiglia sono la stessa cosa, se muore l’impresa stai lasciando anche che muoiano famiglie.

La partita finanziaria-bancaria nelle piccole imprese è gestita di solito dai parenti dell’imprenditore, non c’è un vero e proprio manager finanziario. Questa cosa qua fino a qualche anno fa poteva reggere perché c’era un rapporto di conoscenza della persona. Oggi quel modo di comportarsi è come andare in giro con la clava. Le regole sono cambiate, ci vuole un manager che gestisca queste cose e non sempre le imprese possono permettersi di pagarlo. E non è facile in questi tempi, nelle quali le imprese navigano a vista”.

Cabras

“Ci sono tante imprese che hanno fatto grande la terza Italia che oggi viene invece compresa in un reset dell’economia che non contempla questa dimensione. Questo snatura la società e l’impresa italiana. In tante generazioni si è accumulata una ricchezza che si è trasformata ad esempio nella sicurezza della casa o in imprese che erano molto flessibili nella crisi”.

Un Giorno Speciale

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