L’identità politica sembra non trovare più spazio nelle attuali forme liquide della prassi partitica. L’attuale quadro del panorama politico italiano sembra definirsi su posizioni sempre cangianti con l’obiettivo di inseguire un elettorato frammentato e di opinione. Capacità strategica rapida, partiti leggeri e senza zavorre ideologiche, il nuovo sistema politico della contemporaneità sembra aver ormai rinunciato a posizioni valoriali strutturate e storicamente coerenti.
Francesco Storace, vicedirettore del Tempo, riflette sul significato di identità politica e sull’attuale stato di salute della coalizione di centrodestra. Difesa dei valori, coerenza e capacità di visione politica, sono per Storace elementi imprescindibili per il successo di una coalizione partica del centrodestra oggi fragile e divisa. La sovranità diviene la parola d’ordine di una destra che non voglia rinnegare se stessa ma essere orgogliosamente identitaria, in linea con la propria storia e chiara con il suo elettorato.
La riflessione di Francesco Storace ai microfoni di Stefano Molinari in diretta a “Lavoro in Corso”
“A me interessa rappresentare una storia, dei valori. Non mi piace questa arrendevolezza rispetto alla sinistra. Si è fatta una corsa, lo abbiamo visto alle ultime elezioni amministrative, a rinunciare a se stessi. C’erano due partiti Lega e Fratelli d’Italia in testa ai sondaggi che avrebbero avuto la possibilità di candidare uomini di bandiera, lo dico con il massimo rispetto delle personalità impegnate e gettate nella mischia. Si sapeva che la sinistra avrebbe scatenato l’inferno. Io ho visto sempre campagne elettorali sangue contro sangue, mai visto campagne elettorali pacifiche.
Per me la parola magica è sovranità, il diritto di un popolo a decidere come farsi governare. Siamo purtroppo soggetti a decisioni dell’Unione europea che calano sulla nostra testa. Il problema è capire quanto conta nell’ordinamento europeo. Io voglio capire se stiamo in Europa e quanto contiamo. Se ci stiamo in posizione subordinata, con sovranità inesistente, mi domando cosa ci stiamo a fare. Riflettere sul modo in cui stiamo in Europa attiene al nostro diritto a preservare la sovranità. È la questione che, in altre misure, sta affrontando la Polonia. A me sembra una cosa normale che il diritto nazionale debba prevalere.
Se parliamo di essere, il centro è un vezzo italiano. L’elettore percepisce se sei in grado di comunicare chiaramente. Dove siamo finiti se dobbiamo avere paura della nostra identità, io cerco un uomo che difenda i nostri valori, non che li subisca. Il centrodestra attuale ha un limite, quella colorita definizione di Gianfranco Rotondi, una locomotiva elettorale, una cooperativa elettorale che si riunisce solo per decidere le candidature. Invece sarebbe da decidere quotidianamente la politica, per questo si arriva all’assurdo di due forze nella stessa coalizione che sono in maggioranza e all’opposizione. Come fai a definirti coalizione se ancora non si supera questo problema: così non si può andare avanti, comprometti una visione del futuro. C’è ancora una possibilità di recupero, non so se ci sia stata un’analisi del voto.
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