Gli dei dovrebbero sempre preservare loro stessi dal proprio crepuscolo; lo pensiamo ogni volta che vediamo un campione disputare i suoi ultimi anni di carriera portando addosso soltanto il nome del protagonista che era riuscito a essere nel tempo dei fasti, dei record, della gloria.
Però, appunto, noi possiamo soltanto pensarlo; non dovremmo mai permetterci, né ci saremmo mai dovuti permettere in passato di invocare il ritiro di quelli che hanno accumulato un prestigio tale, veicolando così tante emozioni, dal potersi concedere di dilatare il tempo della loro voglia e necessità di continuare, anche quando sono cominciate a mancare le imprese.
Certo, non avremmo voluto vedere gli ultimi incontri di Muhammad Ali intronato, lento, imbolsito; l’ultimo Maradona che cambiava cento maglie per un pugno di partite in tutto e, sì, nemmeno l’ultimo Valentino Rossi subire il proprio declino a colpi di decimi e secondi di ritardo. Ma hanno scelto loro di finire dopo e non prima, perché ne avevano bisogno. Dopo averli tanto applauditi quando erano in cima, ora è giunto il tempo di ringraziarli.
Paolo Marcacci
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