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Dzeko: la riconoscenza, la “Ragion di Stato”

Duecentoventidue partite, complessivamente, con la Roma; centosei gol, cinquanta assist, più tutta una serie di sfumature tecniche impossibili da contabilizzare che, forse, darebbero la reale misura di quanto impattante sia stato Edin Dzeko, come attaccante e come regista offensivo, in questi anni romanisti. Forse soltanto quando sarà andato via – non dovrebbe mancare molto e sarà dirimente la sua volontà – realisticamente, la sua collocazione nella storia del club potrà essere valutata con lucidità. E con il giusto riconoscimento alla sua grandezza, che per una serie di fattori non gli è stato ancora attribuito. Per essere storicizzato, deve per l’appunto uscire dalla cronaca. Detto ciò, appare arduo non ammettere che stiamo parlando di uno che va annoverato, perlomeno, tra i cinque più grandi attaccanti – magari non specificamente e non solo centravanti – della storia del club. Assieme a Manfredini, Pruzzo, Voeller, Batistuta, almeno a giudizio di chi scrive, senza mancare di rispetto a tanti altri campioni. Parlando di un giocatore che, a metà della sua vita calcistica in giallorosso, aveva puntato i piedi per restare: non va mai dimenticato questo particolare. 

La riconoscenza, dunque, come postulato, anche filosofico, nei confronti di Dzeko

Detto questo, prima o poi bisogna fare i conti con la ragion di stato, aziendale e agonistica: la soglia d’età e la prospettiva, non certa ma sempre più probabile, di avere un ventiseienne come Milik dalla media gol non discutibile, non lenisce il dolore per la perdita di un grande giocatore, nonché leader silenzioso, come Dzeko; però la inquadrerebbe nel momento storico, rendendola digeribile, più o meno a fatica. 

Custodire la propria storia e chi l’ha incarnata; al tempo stesso guardare al futuro: sarebbe un bel congedo, come pare debba essere a breve, per un giocatore che non dovrà essere mai dimenticato; al tempo stesso, un ponte verso il futuro per una dirigenza appena insediatasi, molto silenziosamente, alle prese con un anno prevedibilmente interlocutorio per quanto riguarda il mercato ma al tempo stesso già attesa al varco. 

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

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