Durante l’emergenza sanitaria alcuni virologi hanno optato per il “silenzio stampa” e altri no. In ogni caso non c’è mai stato un punto di vista scientifico unitario. In Lombardia, focolare dei casi di coronavirus in Italia, si è discusso a lungo sulla corretta modalità di diffusione dei test sierologici.
Il Tar della Lombardia ha bocciato il monopolio dato dalla Regione alla società Diasorin, che aveva reso vani tutti i test fatti fino a quel momento, impedendo di fatto anche la donazione di plasma da parte di coloro che vi si erano sottoposti e nei quali era stata rilevata la presenza di anticorpi.
Tra le città che avevano subito questa opposizione della Regione ad alternative modalità sierologiche c’è Robbio. A “Lavori in corso” Luigia Luciani e Stefano Molinari intervistano nuovamente Roberto Francese, sindaco della città.
Ecco le parole del sindaco riguardo la contesa con l’azienda Diasorin.
“Ci hanno tentato di ostacolare in tutti i modi, volendoci obbligare a prendere un test che era anche introvabile sul mercato. Era uno di quelli validati dal Ministero della Salute, lo stesso del Veneto, dell’Emilia Romagna e della Liguria ed era l’unico disponibile ad un prezzo competitivo. L’azienda multinazionale Diasorin ha solo il monopolio regionale e il test non si trovava. Alla fine il Tar ha dato ragione a noi ed è una notizia importante perché dopo tutto quello che abbiamo passato avevamo il dubbio che stavamo sbagliando qualcosa, invece evidentemente a sbagliare non siamo stati noi ma son stati gli altri”
“Non mi hanno mai contattato e in più hanno detto che il nostro test era inutile, pericoloso perché l’unico valido era quello degli scienziati della Lombardia. Io non so che scienziati abbia ma evidentemente della Lombardia qualcosa hanno sbagliato, bastava dar retta al territorio per capire la soluzione migliore. Noi abbiamo fatto quattro test e l’unico che non siamo riusciti a fare è stato il Diasorin perché introvabile, bello ma introvabile”
“I miei cittadini hanno avuto una fiducia in me immensa, a inizio marzo siamo partiti con i sierologici e nessuno in Italia sapeva che esistesse un esame del sangue per andare a ricercare il coronavirus. Addirittura i primi giorni ci hanno dato dei ciarlatani. E poi alla fine è diventato il metodo nazionale. Io ho dato possibilità a tutti i laboratori di Italia di venire a fare il sierologico a Robbio. Nonostante questo tutti i potenziali vaccini umani non sono stati contattati dal San Matteo per donare il plasma. La situazione qui è molto blanda adesso. Il nostro metodo si è rivelato efficace, è stata una scommessa vinta”
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