“La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione“.
Su quest’ultimo particolare dell’articolo 1 della medesima potrebbe essere incappato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per quanto concerne le restrizioni dovute all’emergenza coronavirus.
Nessuna cattiva intenzione starebbe dietro questo scivolone del Premier, o per lo meno non secondo il direttore della Gazzetta Amministrativa Enrico Michetti, ma a deciderlo sarà eventualmente un organo costituzionale in futuro.
Per ora i DPCM emanati – giustamente – dal Presidente del Consiglio, che ne ha la facoltà, possono solo essere analizzati dal punto di vista tecnico: starebbe qui la falla, perché la i decreti del Presidente del Consiglio non avrebbero la necessaria forza giuridica (e dunque da soli non sarebbero sufficienti) per prendere decisioni come quelle prese da Conte negli ultimi mesi.
“L’organo sovrano in quanto rappresentante del Popolo è il Parlamento, così si conserva una democrazia. Ecco perché ad abilitare qualsiasi forma di eccezionale restrizione della libertà può essere soltanto la legge ordinaria, la legge che promana dal Parlamento. In casi di necessità e urgenza può intervenire anche il Governo attraverso un Decreto Legge, che ha la stessa forza della legge, ma che deve approdare alla camera entro 24 ore e che viene emanato non dal Presidente del Consiglio, ma dal Presidente della Repubblica, garante della Costituzione.
Oggi che cosa accade, che con un Decreto Legge si demanda a un DPCM (ossia poco più di una circolare, un atto monocratico) di restringere il diritto dei diritti: la libertà, presupposto della democrazia. Per me non è assolutamente possibile.
Il Decreto Legge ha efficacia legittimaria, ma il DPCM è una circolare, come se io dicessi tramite Decreto Legge o legge ordinaria di delegare il Presidente della Regione a restringere la libertà con una banale ordinanza.
Il DPCM vale un’ordinanza, è un decretino che vale poco più di una circolare.
Il Decreto Legge dovrebbe semmai restringere la libertà, perché lì c’è la firma del Presidente della Repubblica come garante della Costituzione per 24 ore. Dopodiché gli atti passano alla Camera e immediatamente vengono convertiti in legge oppure viene lasciato decadere il decreto.
A quel punto è come se non fosse esistito: tutti gli effetti vengono stralciati, ma parliamo del Decreto Legge, non del DPCM. Qui si è demandato al Presidente del Consiglio di avere pieni poteri sulla restrizione della libertà personale, che può adottare con un atto che è poco più di una circolare.
Si è aperta una strada pericolosissima, perché non parliamo di Conte – che non è certo un dittatore – ma la persona pericolosa potrebbe essere un soggetto che in un altro momento, praticando la medesima regola e facendosi affidare i pieni poteri da un Decreto Legge, magari dà poteri ai militari o alla polizia di Stato. A quel punto parliamo di un colpo di Stato.
Oggi purtroppo non c’è la tutela, perché una multa tu la contesti. In quel momento succede che il magistrato dice: “La fonte del diritto è un DPCM? Ma è incostituzionale!”.
La vicenda quindi solleva un caso di natura incostituzionale e va in Corte Costituzionale, che quindi dopo 6-7 mesi arriva all’abrogazione del DPCM: 120mila contestazioni cadono immediatamente perché quelle multe sono incostituzionali“.
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