Può uno stadio stillare umanità? Sì, quando in nome di un dolore da rammentare ci si riscopre, improvvisamente, capaci di commuoversi, specchiandosi negli occhi altrettanto lucidi del vicino di posto, rossoblu o viola che sia la sua sciarpa. E Davide Astori torna ad abitare nelle sue maglie, ogni volta che accade.
Contro il Celta Vigo al Camp Nou, mette a segno la tripletta numero 34 nella Liga. Non ci interessa sottolineare che abbia raggiunto Cristiano Ronaldo in questo particolare, impressionante primato. Preferiamo rivedere, ogni volta che possiamo, il secondo calcio di punizione finito in rete: la traiettoria sfiora il palo con le labbra, lo seduce, lo tradisce infine con un fremito di rete. Questa sarà ricordata come l’epoca di Messi, con il coro angelico dei suoi grandi avversari ad amplificarne il prestigio.
Nel chiudere il triangolo con Higuain, lucida una volta ancora il diamante del proprio bagaglio tecnico: sterza col sinistro in un ginepraio di calzettoni milanisti, sbilancia mezza retroguardia rossonera, affida al destro la percorrenza del sentiero da tre punti.
Lo trovi ovunque e ovunque la mette, col destro, quando decide di lucidare il mirino. Tirato a lucido, ispiratissimo quando deve agire in rifinitura, definitivamente saggio nel coniugare il suo modo di stare nel calcio con quello di stare al mondo. Proteggendo la sfera privata in un momento delicato, demolendo i troppi luoghi comuni circolati sul suo conto.
La squadra di Pioli a Torino, dove in molti avevano pronosticato una mattanza bianconera, si mostra attenta, tatticamente scrupolosa, capace di soffrire. Merito, forse, anche del giro di vite societario a livello disciplinare.
Non si può, non si deve. A maggior ragione quando si è esempi che camminano.
È il voto che, in fondo, ha dato lo stesso Montella alla sua squadra al termine della gara di Cagliari, quando ha detto che i suoi non sono stati all’altezza delle motivazioni e dello slancio degli avversari.
Voto valido per ogni componente della società partenopea: dai De Laurentiis, soprattutto il figlio, passando per i giocatori, autolesionisti all’ennesima potenza, fino ad Ancelotti, che quando si è pronunciato a mezzo stampa contro il ritiro ha legittimato malumori e piagnistei di Insigne e compagni.
L’arbitro di Liverpool – Manchester City: ne ha combinate talmente tante da far vacillare l’aplomb di Guardiola. Solo vacillare eh…comunque il direttore di gara ha ucciso sul nascere la partita del City, poi ha proseguito sulla stessa falsariga.
In trasferta contro lo Shaktar, cominciano insultare Taison, avversario dalla pelle scura, fino a farlo scoppiare a piangere. Lui, tra l’altro, scaglia il pallone contro la gradinata ospite, sulla falsariga di Balotelli a Verona: un burocrate vestito da arbitro lo espelle, guarnendo con una beffa il danno.
Paolo Marcacci
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