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Mertens, gesta e… gesti

Cominciamo da… Ilaria D’Amico, nel senso che per lei, come ha detto in diretta, il gesto con cui Mertens ha celebrato le proprie segnature in quel di Salisburgo sarebbe “criptico”. Anche se al tempo stesso, sempre la D’Amico dice che il giocatore dovrebbe cambiarlo. Come a dire che, allora, tanto criptico non è.

Tanto è vero che “La Gazzetta dello Sport” oggi lo definisce “esultanza hot”, nella didascalia a pagina 9, sotto lo scatto che immortala il gesto. Gesto inequivocabile, a mimare con i palmi di entrambe le mani la tipica spinta che… beh insomma avete capito, come avevano capito del resto subito, in tempo reale, la D’Amico e i suoi ospiti.

Da Napoli hanno fatto subito sapere, a cominciare dal giocatore, che la gestualità dell’esultanza è una dedica allo storico magazziniere Starace, che ha avuto un piccolo incidente, come ha detto ieri anche Insigne nel dopopartita.

Dedica affettuosa, ci mancherebbe, anche perché non possiamo sindacare sui “codici” che un gesto contenga per un gruppo di lavoro, una comitiva, una squadra come in questo caso.

Noi però assistiamo e di conseguenza giudichiamo dall’esterno, con i nostri occhi e pure con la nostra malizia, che notoriamente è innanzitutto nello sguardo di chi assiste; dicono tutti così, no?

Il fatto è che, nella notte in cui l’attaccante supera, con la sua pregevole doppietta, un certo Maradona quanto a reti segnate (116 contro le 115 del Pibe), forse l’esultanza doveva celebrare in modo solenne un traguardo simile; così come l’omaggio a Starace poteva, al di là del gesto che può avere mille significati aggiuntivi rispetto a quelli che ci abbiamo trovato noi, essere espresso in mille altri modi.

Detto questo, lungi da noi fare i bacchettoni o scandalizzarci per una gestualità un filino vietata ai minori; ne abbiamo viste tante, anche dallo stesso Mertens, quando per esempio dopo un gol all’Olimpico mimò un cagnolino che faceva pipì. Figurarsi.

Però il diritto di farci ancora caso e di dire che forse si poteva evitare ce lo teniamo, quantomeno per restare attenti alle sfumature, ammesso che siano tali.

Se poi qualcuno non sarà d’accordo, potrà sempre accusarci di essere stati criptici, come insegna l’Ilaria nazionale.

Paolo Marcacci


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Paolo Marcacci

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