I veri protagonisti, in ogni sessione di calciomercato, sono alla fine i calciatori, se non altro perché tutto ruota attorno al loro nome. Sembra persino un’ovvietà, ma alla Roma nelle ultime stagioni non lo è stata, per questo torniamo a sottolineare il concetto, oggi, grazie a Gianluca Petrachi.
Gli anni di Sabatini e soprattutto quelli di Monchi, senza contare la diversità dei risultati ottenuti nella costruzione delle varie Roma, sono stati contrassegnati da una forte caratterizzazione mediatica dei due direttori sportivi: sovraesposti, sempre in prima linea, pronti a esibire la propria filosofia a colpi di citazioni o (in questo Sabatini inarrivabile) frasi a effetto. Tanto che a volte, cioè spesso, durante le conferenze, più che il nome dei papabili acquisti o delle dolorose cessioni a dare i titoli erano le formule dialettiche utilizzate. Come a dire che il fumo ha avuto la meglio sull’arrosto, in più d’una occasione.
Ora non sappiamo quanto buono e quanto consistente sarà l’arrosto, ossia quali saranno i frutti del lavoro di Petrachi a Roma. Possiamo però già dire di aver individuato una serie di segnali positivi nelle sue modalità operative: lavoro in sordina e ritmo incessante da “formichina”; tessitura di rapporti e capacità di inserire le esigenze della Roma negli incroci di interessi di più società; conoscenza di giocatori di un certo livello, nell’ottica dell’ottimizzazione del coefficiente qualità/prezzo.
Soprattutto, con Petrachi abbiamo già visto la messa in pratica, istantanea, del “Piano B” quando la prima opzione si trascina in là con i tempi, vedi la cessione di Dzeko all’Inter con ciò che ne è conseguito anche dal punto di vista della sistemazione delle questioni finanziarie. Monchi ci perdonerà, bontà sua, se i confronti ci vengono ancora istintivamente, ma le sessioni dei mercati estivi del 2017 e del 2018 erano state caratterizzate più che altro dalla caccia a Mahrez e a Malcolm, con perdite di troppo tempo e mancanza di ipotesi alternative quanto a profili di calciatori simili.
Insomma, niente sole che declina sui tetti di Roma, niente libri pseudofilosofici, nessun alone profetico: solo lavoro, tanto e si spera proficuo. La logica che lo ispira la vediamo già.
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