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Motivazioni e mentalità

Un sogno: guardare il calendario e basta; considerare l’entità dell’ostacolo tecnico rappresentato dall’avversario, senza dover per forza innescare il retropensiero sulle sue motivazioni: – Il Genoa sarà salvo o avrà ancora bisogno di punti? La Fiorentina farà giocare le riserve perché pensa solo alla Coppa Italia? All’ultima giornata loro hanno la Spal che nemmeno scenderà in campo…- e via diagnosticando di giornata in giornata se l’impegno possa essere minimamente probante o “farlocco”, come diciamo a Roma, perché l’avversario è già salvo o retrocesso, è già in Europa o ha perso ogni speranza di qualificarsi in una delle due coppe. 

Normale, starete pensando tutti: dov’è la notizia. Normale, certo: perché siamo in Italia, perché dalla fine di marzo, quindi con un certo anticipo nelle ultime stagioni da quando il campionato è a venti squadre, una serie di partite presenta un approccio a “motivazioni zero” da parte di una almeno delle due contendenti. Come all’estero, più o meno. Ma allora perché certe considerazioni non valgono per la Premier League, la Liga o la Bundesliga, solo per citare i tornei più prestigiosi? Perché la loro mentalità non contempla l’ipotesi che si scenda in campo per regalare punti, preservare i giocatori migliori, passeggiare per novanta minuti. Evidentemente è normale, a certe latitudini, ciò che da noi appare utopistico. O, per rendere meglio l’idea, da quelle parti sarebbe scandaloso ciò che per noi è normale.

La miglior conferma a questo discorso arriva dalle varie società di scommesse internazionali : fate caso a quante partite dei nostri campionati cominciano a presentare, in primavera, quote ridicole o, in primavera inoltrata, partite che non vengono nemmeno quotate, per evitare imbarazzi di sorta. Poi confrontate questi dati con quelli dei campionati stranieri: capirete al volo il ragionamento sulla mentalità.

Tutto questo ragionamento preventivo, alla vigilia di un rush finale per il raggiungimento del quarto posto nella nostra Serie A che meriterebbe di restare in bilico fino all’ultima giornata, se non altro per i distacchi quasi impercettibili. La vera inversione di tendenza sarebbe costituita dal “lusso” di ragionare soltanto sui difetti (più numerosi) o i meriti di Roma, Milan, Atalanta e Lazio (quasi auto eliminatasi dalla corsa), non sul coefficiente di fortuna da quantificare a seconda delle motivazioni dell’avversario di turno. Arrivare all’ultima giornata registrando che tutte le avversarie se la sono giocata, indipendentemente dai propri obiettivi, già raggiunti o irraggiungibili; come è normale altrove.


Sempre sperando che questo articolo non lo legga un inglese, o un tedesco: sai che figura…

Paolo Marcacci

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