Prosegue l’ondata di buona musica (ri)lanciata dal premio oscar ‘Bohemian Rhapsody’: fino al 3 marzo sarà possibile ascoltare i Queen in una versione ancora diversa. Non lo credevate possibile? Preparatevi perché al Brancaccio di Roma c’è il musical e sì, vi piacerà! Con Leo Kalimba a Grazie a Dio è venerdì il produttore di
We will rock you – The musical, Claudio Trotta.
Una non-replica della produzione originale inglese scritta dai Queen e da Ben Elton, We will rock you – The musical ha non solo una buona parte delle canzoni più conosciute e più amate del repertorio dei Queen, ma, cosa più importante, racconta una favola…
Nella parte dei cattivi i Radio Ga Ga Boys, che non sono altro che dei ragazzi tutti uguali, omologati, a cui è stata tolta la personalità e la creatività. Ragazzi che vivono solo online, sui loro telefonini. Che basano la loro intera vita sui like e che vedono questi due ragazzini come un pericolo, solo perché diversi da loro.
Galileo e Scaramouche allora diventano loro malgrado due ribelli. Vorrebbero solo essere sé stessi, vorrebbero solo avere degli amici. “Tu potresti avere un grande futuro come programmatore musicale” dice uno dei suoi insegnanti a Galileo. Ma lui non ci sta: “Guadagnare tanti soldi senza avere alcun merito? No, grazie…“
“Abbiamo avuto la libertà di fare un nuovo assetto scenografico e di attualizzare il testo – racconta il produttore Claudio Trotta – il messaggio per cui non si può vivere solo nella realtà virtuale è molto importante e soprattutto attuale”.
Attento e appassionato, Claudio ama aggirarsi tra il pubblico, per captare reazioni, sensazioni e commenti: “Ho sentito una mamma alla fine dello spettacolo dire al suo bambino di 8 anni ‘Mi raccomando, domani quando vai a scuola ricordati di dire alla maestra We will rock you!’ E’ stato molto carino, mi ha fatto tanto ridere!”
E ancora: “Ho sentito dei ragazzini di 16 anni commentare ‘messaggio recepito… tutto questo è inquietante!’ E’ una reazione molto importante e fa riflettere”.
La musica Claudio Trotta la vive come una risorsa, una componente fondamentale che può far star meglio. E il rock lui lo considera una sorta di figliastro del jazz: “E’ un figliastro un po’ puttaniere che si è diramato in tante genie. Il Rock è un’attitudine, un atteggiamento culturale, un modo di essere, un linguaggio…”
E dei Queen? Cosa ne pensa? “Devo fare una sorta di outing: all’inizio li trovavo troppo commerciali per i miei gusti, quasi sempliciotti. Solo dopo ho capito che invece le loro canzoni sono di una complessità notevolissima e che la loro grandezza sta proprio nel fatto che questa complessità è riuscita ad arrivare a tutti”.
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