La prossima emergenza sarà quella idrica? Si tratta di una domanda lecita e a mio giudizio anzi doverosa. E ciò…
Il buon medico sa bene che se una cura non funziona e anzi produce effetti negativi, non si tratta di…
I libri buoni sono quelli che oltretutto ci stimolano la riflessione critica. Possono definirsi "libri buoni" quelli che ci invitano…
Dona a favore della libera informazione, sostienici Scriveva Robert Musil, ne L'uomo senza qualità, che il cammino della storia non…
È notizia delle ultime ore che Putin aumenterà le spese militari ma non soltanto genericamente ma le accrescerà del 70%.…
Le sinistre fucsie arcobaleno liberal libertarie hanno ora un nuovo eroe eponimo. È un eroe di origine greca anche se…
Sta facendo molto discutere la recentissima pubblicità ideata e diffusa dalla catena di supermercati Esselunga. Una pubblicità che ha attivato…
Ricordate la giusta proposta avanzata dal governo di Giorgia Meloni in relazione a una necessaria tassazione per le banche? Si…
In coda tutta la notte con sedie e coperte per poter acquistare in anteprima l'ultimo modello di IPhone. Sembra una pagina di un romanzo distopico come 1984 di Orwell o come Il Mondo Nuovo di Huxley e invece è la nostra realtà quotidiana, che con tutta evidenza contribuisce a rendere sia Orwell sia Huxley dei dilettanti perché la realtà di cui siamo abitatori oggi ha ampiamente superato quanto a livello distopico le narrazioni dei romanzieri che hanno provato a tratteggiare distopie nel Novecento. Quanto abbiamo poc'anzi descritto per sommi capi è accaduto realmente nei giorni scorsi a Dubai, dove effettivamente si è venuta formando una coda lunghissima con persone che hanno trascorso l'intera nottata con sedie coperte per potersi accaparrare l'indomani all'apertura dei negozi l'ultimo modello di iPhone. È quanto viene trasmesso dai principali quotidiani che naturalmente si limitano a dare la notizia senza corredarla del commento critico che pure sarebbe necessario fare. Con una semplice espressione si potrebbe ragionevolmente dire che è l'ennesima manifestazione del tramonto dell'Occidente, per dirla con Oswald Spengler. Che se ne dica, infatti, Dubai rappresenta il non plus ultra del paradigma occidentale capitalistico, e ciò del tutto a prescindere dalla collocazione geografica, naturalmente. La folla solitaria degli ultimi uomini, nell'accezione di Friedrich Nietzsche, attende con trepidazione l'acquisto dell'ultimo prodotto della religione del capitale, il nuovo Sancta Sanctorum postmoderno. Anche per questo non possiamo che dare ragione a Walter Benjamin, che nel Novecento ebbe una intuizione profondissima, quella secondo cui il capitalismo è, a tutti gli effetti, una religione. Una religione che non ha una dogmatica ma un culto ininterrotto, che ci rende di fatto tutti adepti di una religione della immanenza, che non prevede l'esistenza della trascendenza e che anzi si fonda sempre più sulla rimozione di ogni trascendenza. Una religione che ci rende cultori di un'operazione ribadita quotidianamente, quella del consumo. Una religione che promette la salvezza legandola all'oggetto che appare come merce nella sfera della circolazione e che, lungi dal produrre la salvezza, si esaurisce per poi riapparire sempre di nuovo nella sfera della circolazione con la medesima promessa di salvezza. È questo, sostanzialmente, il tratto contraddittorio della civiltà dei consumi. Religione che promette al consumatore la piena soddisfazione, la piena salvezza, perseguendo in realtà ogni volta l'obiettivo opposto, che il consumatore non sia mai salvato e non sia mai soddisfatto, a ciò che torni sempre di nuovo ad acquistare la nuova merce, il meglio che la religione del tecno capitale possa offrirgli. Radioattività - Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro
Recentemente il filosofo Umberto Galimberti, autore di Psiche e Techne e di molti altri testi che hanno segnato il nostro…
Se n'è andato nella giornata di ieri Giorgio Napolitano. Giusto il dolore per la sua scomparsa che condividiamo in toto.…
La Cina di Xi Jinping ha di nuovo parlato chiaro, almeno per chi ancora abbia orecchie per intendere. Senza perifrasi…
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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha autorevolmente detto recentemente che "non bisogna cavalcare le paure". Questa è letteralmente l'espressione…
In questi giorni va tragicamente in onda da Lampedusa la bancarotta dell'Unione Europea. Di quella Unione Europea che si era…
È un'idea davvero curiosa quella maturata dal pm di Brescia in relazione ad un processo istituito contro un uomo del…
Vi è una novità importante, degna della massima attenzione, che vede protagonista la Svezia. Il paese scandinavo, infatti, ha deciso di cambiare rotta, o più precisamente di invertirla, secondo la figura che i velisti qualificano come strambata. Almeno per quel che riguarda la scuola si tratta di un vero e proprio mutamento radicale.I bambini svedesi da quest'anno troveranno sui banchi carta, penna e calamaio, non più dunque gli ormai collaudatissimi e ovunque presenti supporti tecnici come i tablet. Questa decisione, che decisamente risulta controcorrente, è maturata alla luce di una ricerca. Una ricerca che ha mostrato come i bambini educati a scuola con i soli supporti tecnici presentino non trascurabili problemi di apprendimento. Si segnala ad esempio una difficoltà nella lettura e anche nella scrittura. E così la Svezia ha deciso di tornare alle tradizionali carta e penna. Una decisione importante che ci segnala, tra le altre cose, la decisiva funzione svolta dai metodi tradizionali di apprendimento, quelli che, in nome della marcia del progresso declaritato in claritatem, si era ritenuto opportuno superare a beneficio della tecnica e dei suoi ritrovati più recenti.Con ciò è avvalorata la tesi secondo cui non tutto ciò che viene dopo è meglio necessariamente di ciò che c'era prima. In molti casi valgono davvero le celebri parole di Verdi: "tornare all'antico, sarà un progresso"Ecco, è interessante la vicenda della Svezia perché rappresenta una sorta di risveglio, per ora timido, e non certo di massa rispetto all'incantesimo del progresso tecnocratico, quel progresso tecnocratico che finisce senza che ce ne avvediamo sempre di più per governarci, generando in noi l'illusione di esserne i padroni. Il dispositivo classico della tecnica è messo a fuoco da autori del Novecento decisivi come Martin Heidegger in Germania o come EmanueleSeverino in Italia, i quali, pur con prospettive differenziate, hanno bene adombrato come l'uomo si illuda di essere il signore della tecnica proprio quando in realtà ne è signoreggiato.Con le grammatiche di Heidegger, l'uomo pensa di disporre della tecnica quando invece ne è disposto, ed egli finisce senza vedersene per essere l'utilizzato. Der Gebrauchte, diceva Heidegger, il quale si spingeva anzi a sostenere che l'uomo in balia della tecnica finisce per diventarne un giocattolo.Questo aspetto è interessante, soprattutto se si considera che viviamo in un tempo di ipnosi collettiva, tecnocratica, in grazia della quale ci illudiamo che la tecnica sia la panacea universale, possa risolvere ogni problema e magari anche dispensarci dalla fatica del pensare. A parte il fatto che la stessa locuzione, intelligenza artificiale, così di moda, è ampiamente ingannevole, dato che l'intelligenza si distingue dal calcolo. Le macchine potranno calcolare benissimo, ma non saranno mai in grado di pensare, se per pensare intendiamo filosoficamente la capacità di questionare sui temi fondamentali, sull'essere e su Dio, sulla trascendenza e sull'ente in quanto tale. Insomma, la Svezia si sta risvegliando ed è da sperare realmente che si tratti di un incipit di risveglio collettivo presto o tardi destinato anche ad arrivare, speriamo il prima possibile in verità, anche nella nostra Italia.
Alla fine ci siamo arrivati e non era poi così difficile da prevedere che si potesse giungere, presto o tardi,…
Voglio oggi parlarvi di un fatto che, curiosamente, è passato per lo più sotto silenzio, ma che, a giudizio di chi vi sta parlando, merita attenzione, dirò di più, la massima attenzione. Nella giornata di domenica scorsa ben 16.000 persone in Liguria hanno formato pacificamente una enorme catena umana sulla costa contro la decisione del Presidente della Regione Toti di istituire un rigassificatore a largo di Vado Ligure, nei pressi di Savona.Ebbene, 16.000 persone, in maniera pacifica, hanno rivendicato il loro sacrosanto diritto di dire no rispetto a una scelta che vivono, da qualunque angolazione la si guardi, come sbagliata, come controproducente, come antitetica rispetto ai loro interessi, come lesiva della loro dignità. Siamo al cospetto di uno dei tanti effetti sciagurati delle sanzioni alla Russia e della interruzione dei rapporti commerciali con essa. Poiché l'Europa ha interrotto i rapporti con la Russia, non può più fornirsi dalla Russia del gas e dunque deve rigassificare, utilizzare il gas che arriva da Washington, che ovviamente fa la parte del tertium gaudens, dato che adesso Washington, grazie a questa guerra tra Russia e Ucraina, è riuscita nell'obiettivo fondamentale, quello di separare l'Europa dalla Russia e da tutto il mondo non americano e, in maniera sinergica, di rendere l'Europa stessa ancora più colonia di quanto già non fosse, rispetto alla plutocrazia neoliberale incapsulata nella civiltà tallassocratica del dollaro. La questione del gas, come sappiamo, è divenuta fondamentale, dato che l'Italia, come il resto dell'Europa del resto, non può più fornirsi dalla Russia, ormai ritenuta nemica, perché così ha deciso Washington. Ebbene, quella dei Liguri è stata una protesta sacrosanta, pacifica, basata su ragioni fondamentali. Oltretutto una protesta senza colore politico, che ha saputo unire migliaia di Liguri nell'esigenza fondamentale di proteggere la loro splendida terra dal rigassificatore. Curiosamente il presidente della regione Toti continua a postare sui social bellissime foto di paesaggi splendidi della Liguria, una delle terre più belle d'Italia, senza mai fare un cenno, nemmeno per sbaglio, alla questione del rigassificatore e ovviamente senza fare alcun cenno, a maggior ragione, alla riuscitissima protesta che i Liguri hanno indetto con grande successo contro il rigassificatore stesso. Ebbene siamo al cospetto di una delle tante contraddizioni della globalizzazione neoliberale che nei miei lavori ho chiamato una 'glebalizzazione' e al tempo stesso una 'anglobalizzazione'.Glebalizzazione da che il ritmo della globalizzazione produce sempre più povertà e genera una massa di nuovi servi della globalizzazione. Li chiamo i servi della glebalizzazione, variando sul tema. Si tratta poi di una vera e propria anglobalizzazione da che coincide con il movimento di americanizzazione del mondo, quel movimento che si manifesta anche nella interruzione dei rapporti dell'Europa con la Russia e con la Cina e, in maniera sinergica, della trasformazione dell'Europa stessa in una colonia di Washington, più ancora di quanto già non fosse.
Elly Schlein, la guida delle sinistre fucsia neoliberali e postmoderne dimentiche di Marx e di Gramsci, e tutte proiettate sui…