La vicenda di Miss Finlandia 2025 diventa, nel dibattito mediatico occidentale, il simbolo di una sensibilità che sembra smarrire il senso delle proporzioni. Una foto condivisa in una chat privata, un gesto mimato senza intento offensivo dichiarato, e la conseguenza è la più drastica possibile: il ritiro del titolo. Ai microfoni di Un Giorno Speciale, Fabio Duranti e Giorgio Bianchi mettono in discussione non solo la decisione, ma il contesto culturale che l’ha resa possibile.
Duranti parte da una domanda che attraversa tutto il confronto: “Io ancora devo capire perché”. La foto incriminata mostra la giovane vincitrice del concorso mentre mima gli occhi a mandorla durante una cena, senza insulti né riferimenti denigratori. “Io sono andato a riguardarmi tutto, non c’è l’insulto, è un gioco, uno scherzo tra ragazze della loro età”, osserva Duranti, sottolineando come la narrazione giornalistica abbia trasformato un episodio banale in uno scandalo internazionale. Anche le scuse ufficiali del premier finlandese diventano, nel racconto, parte di una sproporzione difficile da decifrare.
Nel confronto emerge l’idea che il politicamente corretto funzioni ormai come un riflesso automatico, sganciato dall’analisi concreta dei fatti. “Qual è l’offesa? Mica ho detto che sono esseri inferiori”, insiste Duranti, mettendo a fuoco la distanza tra l’atto compiuto e la reazione istituzionale. La questione non è negare l’esistenza di stereotipi, ma interrogarsi su quando un gesto diventa realmente razzismo e quando invece viene letto come tale per inerzia culturale.
È Giorgio Bianchi a spostare il discorso su un piano più ampio: “L’Occidente è completamente fuori dalla storia”. Secondo il fotoreporter, l’attenzione ossessiva per episodi marginali serve a saturare lo spazio pubblico mentre restano sullo sfondo questioni decisive: crisi energetica, guerra, tensioni geopolitiche. “Noi dobbiamo avere l’aria saturata di queste scemenze”, afferma, leggendo il caso Miss Finlandia come un diversivo simbolico, utile a evitare un confronto serio con la realtà.
Nel finale, anche Fabio Duranti riconosce che il gesto può essere giudicato di cattivo gusto, ma non giustifica una sanzione esemplare. “Sono le cose che sui social polarizzano di più”, osserva, indicando il vero motore della vicenda: la dinamica algoritmica che trasforma ogni episodio in un campo di battaglia morale. Il risultato è una società che fatica a distinguere tra offesa reale e banalità amplificata, perdendo di vista il peso specifico delle parole e, soprattutto, dei problemi che contano davvero.
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