L’aggressione subita da Simone Ruzzi, in arte Cicalone, sotto la fermata Ottaviano della metro A — un pestaggio in cui, secondo le testimonianze, un gruppo di almeno dieci borseggiatori lo avrebbe colpito con violenza al volto e alla testa mentre stava registrando la sua trasmissione “Scuola di Botte” — ha scosso Roma e acceso l’ennesimo dibattito sulla sicurezza nelle metropolitane. Le immagini pubblicate dallo youtuber, disteso in ambulanza con il volto tumefatto, e il racconto della videomaker Evelina hanno amplificato l’attenzione su un fenomeno che documenta da anni.
A prendere posizione è l’Onorevole Francesco Borrelli (AVS), che dopo aver visionato il video dell’attacco parla senza esitazioni di una “spedizione in dieci contro uno” e mette in discussione la narrazione che ha trasformato Cicalone in un “fascistello”. Per Borrelli, la domanda è un’altra: “Qual è l’elemento negativo di uno che volontaristicamente avverte i viaggiatori?”.
A colpire Borrelli non è solo la brutalità dell’aggressione, ma la narrazione che spesso accompagna chi denuncia la presenza di borseggiatori nelle metro. “Viene definito fascistello chiunque parli di legalità e sicurezza”, afferma l’onorevole, ricordando che si tratta di temi “che furono parole d’ordine di Berlinguer”.
Una deriva semplificatoria, secondo lui, che giudica preoccupante: “Questa idea che automaticamente, se sei un ex boxer e fai certe cose, allora sei di estrema destra… in realtà non è così”. Per Borrelli, il punto è un altro: “L’avrei definito tale se fosse andato ad organizzare dei raid con le mazze. Lui fa il segnalatore”.
L’onorevole non usa giri di parole: “Lui le ha solo prese”. Dopo aver visionato il video, Borrelli parla di un colpo “alla tempia” che poteva essere devastante: “Io sarei svenuto all’istante”. Secondo la ricostruzione, il gruppo – “dieci bestioni” – avrebbe colpito Ruzzi con l’obiettivo di “fare male e male veramente”. E aggiunge un dettaglio che ribalta alcune accuse rivolte allo youtuber: “Non usa le mani, segnala i borseggiatori”. Perfino l’uso dello spray al peperoncino, racconta Borrelli, è stato evitato per non rischiare il panico in un ambiente chiuso: “Ha preferito prendere le botte”.
Il ragionamento politico dell’onorevole si concentra su un clima sociale dominato dal “benaltrismo”: “Pensa alle cose più importanti”, si sente spesso dire a chi denuncia piccoli reati quotidiani. Ma Borrelli ribalta la prospettiva: “Fino a che non tocca a te”. E allarga lo sguardo a un tema ricorrente nelle sue denunce pubbliche: l’egoismo come modello sociale. “Una società fondata sull’egoismo e sulla strapotenza”, dove chi interviene viene considerato “uno stupido”. Per questo, dice, è più comodo voltarsi dall’altra parte: “È molto peggio chi tira la faccia dall’altra parte”.
Sul tema delle origini dei borseggiatori, Borrelli è netto: ridurre il fenomeno a una questione etnica è fuorviante. “Se facesse la stessa azione nella metropolitana di Napoli, non avrebbe a che fare con Rom ma con gli indigeni”, dice ironizzando su un celebre servizio del National Geographic che mostrava la destrezza dei borseggiatori partenopei. Per questo rifiuta anche l’etichetta di razzismo rivolta a Ruzzi: “Non ho mai riscontrato nelle sue azioni comportamenti di carattere fascista”. La questione, insiste, è un’altra: “Quando ti rubano la pensione, il divertimento non c’è più”.
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