“Primo: non prenderle” o “Vorrei ma non posso”? Dubbio lecito per un derby meneghino a tratti anche apprezzabile, nel primo tempo, ma che non va oltre le vibrazioni prodotte da qualche assalto interista, con relative risposte da par suo di Mike Maignan. Il non è passivo, però: lo definiremmo più che altro compassato, in attesa di quelle fasi di gioco che possano consegnare qualche metro in più di profondità, utile al rilancio dell’azione.
In effetti, nove minuti dopo l’inizio della ripresa, arriva per i rossoneri ls transizione giusta: da Rabiot a Fofana, per l’innesco successivo di Saelemaekers, sulla cui conclusione a incrociare Sommer respinge con una reattività pari all’entusiasmo col quale uno inviterebbe a cena sua suocera; fatalmente, allora, si avventa Pulisic a firmare lo 0 – 1 che gela la porzione più generosa del pubblico di San Siro. Vantaggio chirurgico e beffardo, di quelli che nei derby risultano parecchio goduriosi.
Divenuta già dolce la serata milanista, a maggior ragione perché emerge progressivamente la qualità del palleggio di Modric e compagni, la ciliegina è il boccone più prelibato della stracittadina sul fronte rossonero: fallo di Pavlovic su Thuram in area, calcio di rigore affidato a Calhanoglu, risposta da giaguaro di Maignan, definitivamente protagonista della contesa, decisivo dall’inizio alla fine.
Cosa è mancato all’Inter? Sicuramente Dumfries sul suo lato, poi cinismo e lucidità sotto porta.
Cosa ha avuto in più il Milan? Certamente il portiere, poi una maggiore lucidità nella gestione della palla, nonostante la qualità di Sučić che dall’altra parte è sembrato il più ispirato e pericoloso tra gli uomini di Chivu.
Il Milan ne esce rafforzato sul fronte delle ambizioni e dell’autostima; certe vittorie sembrano scritte nelle stelle, a maggior ragione perché sembrano casuali.
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