In Italia esiste sicuramente un problema abitativo determinato da molti fattori. L’Italia è — insieme al Giappone — un paese in cui oltre l’80% delle famiglie è proprietaria della casa in cui abita. Noi abbiamo sempre riversato nel mattone la forma primaria di risparmio: storicamente si risparmia per la casa. Altre culture risparmiano in modi diversi; noi, per ragioni storiche, almeno abbiamo il tetto sulla testa.
Questo però significa che chi deve rivolgersi al mercato immobiliare per trovare una casa in affitto si trova spesso in grandi difficoltà, perché la legislazione è contraddittoria e mal fatta e la tassazione non è del tutto favorevole. Chi possiede un secondo immobile — quindi oltre a quello in cui vive — arriva paradossalmente a non affittarlo: se lo affitta rischia poi di avere difficoltà a riottenerne il possesso. Questa è la ragione per cui i prezzi degli affitti sono particolarmente tesi e trovare una casa in affitto è così difficile.
“È anche uno dei motivi per cui molti giovani non si sposano o non comprano casa: non hanno i soldi per l’acquisto o per il mutuo e spesso non hanno un lavoro stabile. È una questione complessa”, commenta Antonio Rinaldi, economista ed ex eurodeputato.
“Negli ultimi anni la situazione si è acuita per il fenomeno degli affitti brevi. Vi ricordate che all’inizio, con il giubileo del 2000, si permise l’utilizzo di ex conventi che altrimenti sarebbero rimasti vuoti? Da lì è partito tutto il resto. Anche i privati che avevano stanze o piccoli appartamenti cominciarono ad affittare; all’inizio il fenomeno era limitato, poi è straripato, come spesso succede.
Signori, amici miei: facciamo una cosa semplice. Se produci reddito con immobili situati sul territorio italiano, paghi le tasse in Italia e non altrove. Gran parte di questi ricavi finisce infatti nelle mani di grandi piattaforme multinazionali. Se io sono un turista tedesco, francese, americano o giapponese e affitto in Italia per due o tre giorni, pago direttamente la piattaforma, che trattiene una parte consistente degli incassi e poi trasferisce il resto al proprietario. Quei soldi, inizialmente, «se li cuccano» fuori.
Perciò dico: se l’oggetto dell’affitto è in Italia, chi gestisce la transazione deve pagare le tasse qui, come avviene per le altre multinazionali dell’e‑commerce. Altrimenti il negoziante e la bottega di quartiere non potranno mai essere concorrenziali con questi soggetti e saranno destinati a chiudere”.
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