I mercati globali stanno osservando un progressivo indebolimento del dollaro, che mette in discussione il suo ruolo di valuta di riserva e asset rifugio. Secondo alcuni osservatori, questo scenario potrebbe aprire la strada all’euro per assumere un ruolo più centrale. Vi avevo già parlato di questa notizia.
Recentemente, gli investitori sono stati preoccupati da una presunta spirale di caduta del dollaro USA, temendo che la moneta perda il suo ruolo di valuta di riserva e di riferimento globale. Il primo campanello d’allarme sarebbe stata la probabile recessione causata dalla stretta violenta della FRED (Federal Reserve americana) contro l’inflazione. A seguire, si è acceso l’allarme rosso sul possibile crollo di Wall Street, legato ai dazi esagerati annunciati, secondo alcuni, da Trump, e poi la crisi del debito e dei Treasury USA, segnalata dai credit default swap.
Come vedete, è un linguaggio per iniziati, molto lontano dal mercato degli imprenditori italiani. Tutto è stato vaporizzato dalla reazione rialzista dell’azionario e dalla tenuta dell’obbligazionario. Tuttavia, si continua a parlare solo e sempre di borse, e ora arriva il dollaro che precipita e rischia di perdere il suo ruolo di moneta di riserva e di riferimento per gli scambi commerciali e i movimenti di capitale globale.
Analizzando tutti gli indici, appare evidente che il dollaro sta subendo soltanto una brusca correzione, probabilmente dopo una corsa eccessiva. Questa correzione recente, seppur violenta, non ha intaccato il trend di lungo termine rialzista del dollaro. Dall’agosto del 1971, la storia del dollaro è stata caratterizzata da ampie oscillazioni, ma la valuta ha sempre mantenuto il suo status di riferimento globale per gli scambi e gli investimenti internazionali.
Nonostante il recente ripiegamento, parlare di un “funerale del dollaro” sembra una lettura fuorviante e antistorica, soprattutto in assenza di reali alternative, a meno che qualcuno davvero pensi che l’euro possa sostituirlo. Per esportatori e investitori, la brusca correzione sottolinea semplicemente l’importanza di coprire il rischio di cambio. Vi sto parlando da Roma, dove stamattina ho tenuto una seduta di laurea, e mi accorgo che il linguaggio della finanza internazionale è molto lontano da quello del mondo dell’economia reale e della piccola e media impresa italiana. Queste notizie vengono ascoltate con attenzione, ma ieri ero in consulenza con un’impresa esportatrice che, pur interessata, non ha certo queste come questioni centrali. Dobbiamo tornare a parlare più di economia e meno di finanza.
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