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Piove sul referendum: “Scende in campo la tiktoker De Crescenzo!” | L’editoriale con Capezzone e Duranti

C’è scesa in campo e scesa in campo. Quelli che contestavano la (pur contestabile) comparsa di Silvio Berlusconi sulla scena politica dovranno rivalutare profondamente la loro posizione, o forse solo abituarsi allo spirito del tempo. Un tempo in cui il Corriere della Sera presenta nella sua prima pagina online la notizia del giorno: “La TikToker Rita De Crescenzo si mobilita per il referendum“. Apperò.

Certi ambienti del nostro parlamento non sembrano proprio averlo capito. Non lo hanno compreso che le Chiara Ferragni in politica portano tanti nuovi follower ma pochi nuovi voti, e succede per un motivo semplice: un like non corrisponde a una scheda elettorale. Mettere mi piace è diverso rispetto a mettere la propria firma davanti al presidente di seggio, e la maggior parte degli italiani – che in queste ore tornano a essere inevitabilmente analfabeti funzionali – questa cosa l’ha compresa. La capisce perfettamente. La conosce.
Poi c’è il degrado informativo, quello che i laici di pensiero chiamano moralismo. Ma stupirsi davanti all’inseguimento del clic di uno dei giornali più antichi d’Italia è un esercizio di stile obbligatorio per chi vuole un’informazione più autorevole.

C’è modo e modo di inseguire i clic in un’epoca che di armi agli IT manager ne ha date sufficienti per non scadere in notizie come questa. C’è la puntualità, l’autorevolezza, la cripticità e tanto altro. Non è l’inseguimento al clic che è sbagliato: chiunque sia su piattaforma online vuole consensi, pena l’essere esclusi dal mercato informativo e rimetterci col portafoglio. Quello che cambia è il modo: un dettaglio che per i grandi quotidiani dettaglio non dovrebbe essere.

Capitolo Referendum

Aspetto che, guarda un po’, potrebbe essere stato quello decisivo nel fiasco al referendum.
Il risultato dei cinque referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza dell’8 e 9 giugno 2025 segna una sconfitta netta per le opposizioni italiane. Nessuno dei quesiti ha raggiunto il quorum: l’affluenza definitiva si è fermata al 30,6%, ben venti punti sotto la soglia del 50% più uno degli aventi diritto richiesta per la validità della consultazione. Si tratta di un dato impietoso, che trasforma il tentativo di mobilitazione popolare in un boomerang politico per chi aveva promosso la consultazione.

I cinque quesiti referendari – su tutele crescenti, licenziamenti nelle piccole imprese, contratti a termine, infortuni sul lavoro e cittadinanza – hanno registrato una partecipazione uniforme, segno di una disaffezione generalizzata. La provincia con l’affluenza più alta, Firenze, si è fermata al 46%, mentre quella con la più bassa, Bolzano, ha visto alle urne solo il 15,9% degli aventi diritto. Complessivamente, nei quesiti sul lavoro i “sì” hanno superato l’86-89%, mentre sul tema della cittadinanza il “sì” si è fermato al 64%. Tuttavia, il dato più rilevante resta la scarsa partecipazione, che rende nullo ogni risultato di merito.
Nessuna testa cade, non sia mai che ci si prenda la responsabilità di un fallimento che è comunicativo e di credibilità.

Alessio De Paolis

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