L’esonero di Luciano Spalletti ha lasciato un vuoto profondo sulla panchina della Nazionale italiana, già stordita da mesi di prestazioni opache. Mentre la Federazione temporeggia, il dibattito si infiamma. E c’è chi, come Xavier Jacobelli, invoca non solo un tecnico, ma un trascinatore: “serve uno che sappia riaccendere l’orgoglio azzurro”.
È bastato poco per dimenticare che l’Italia è stata, anche nella storia recente, una macchina quasi perfetta. “Sapete qual è la nazionale che vanta il maggior numero di partite utili consecutive senza sconfitte? L’Italia. 37”, ricorda Jacobelli. “E non è che abbia stabilito questo primato nel secolo scorso… lo ha fatto tra il 2018 e il 2021.” Un dato che stride con l’attuale disorientamento. Ma il problema non è solo tecnico: è identitario, culturale, emotivo. Da record mondiali come 1168 minuti di imbattibilità all’attuale crisi d’identità, il passo è stato clamorosamente breve.
A preoccupare di più è l’assenza di una linea chiara da parte della FIGC. Jacobelli lancia l’allarme: “È importante che la federazione si svegli e decida alla svelta chi debba guidare la Nazionale.” Mentre il valzer di nomi rimbalza da un tavolo all’altro — Allegri, De Zerbi, Cannavaro — manca una visione che sia più ampia di una semplice nomina. Senza un piano solido, nessun allenatore potrà restituire autorevolezza al progetto azzurro.
Tra i candidati in circolazione, Gennaro Gattuso spicca per motivazione e simbolismo. Jacobelli non ha dubbi: “Il pensiero non può non correre a Gattuso”, raccontando un episodio emblematico: “Nel 2006 era infortunato e disse: “Se non mi portate in Germania, faccio come Fantozzi: mi lego al pullman della Nazionale”.” Quella dichiarazione non fu una boutade: era lo specchio di un attaccamento viscerale alla maglia, esattamente ciò che manca oggi. Uno come lui, secondo Jacobelli, “questo spirito lo ridesterebbe con le buone e con le cattive.”
Oggi la Nazionale non ha solo bisogno di vincere. Ha bisogno di sentirsi di nuovo una squadra, un gruppo coeso e orgoglioso. “Chiunque sieda sulla panchina deve risvegliare l’orgoglio di indossare la maglia della Nazionale”, sottolinea Jacobelli. Prima ancora dei moduli o delle convocazioni, serve un linguaggio emotivo, una chiamata alle armi. E in questo, forse, solo chi ha vissuto la maglia azzurra come missione può davvero guidare la rinascita.
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