L’amministrazione Trump e Wall Street concordano nel considerare i disavanzi commerciali degli Stati Uniti un problema rilevante per il dollaro. Tuttavia, il destino della valuta sembra dipendere sempre più dal rendimento dei titoli tecnologici. Il recente calo del deficit commerciale riaccende il dibattito sulle cause e sulle conseguenze di questi squilibri.
Nel mese di aprile, il disavanzo commerciale si è dimezzato, in parte a causa dell’anticipo degli acquisti registrato a marzo, legato all’introduzione delle tariffe. Il calo delle importazioni suggerisce che i dazi stanno contribuendo a ridurre il deficit, rafforzando l’idea che le misure protezionistiche abbiano un impatto diretto sugli scambi esteri.
Molti investitori collegano il deficit commerciale a quello di bilancio, anche in relazione al calo dell’indice del dollaro (−7% da inizio anno) e alle preoccupazioni per la politica fiscale repubblicana. Secondo l’economista Saravelos di Deutsche Bank, è importante considerare la posizione patrimoniale netta estera, cioè il saldo tra attività e passività verso l’estero. Questo indicatore, in rapido peggioramento, rappresenta il miglior riferimento dello spazio fiscale disponibile.
Gli Stati Uniti sono il principale debitore netto tra le grandi economie, con una posizione patrimoniale negativa pari all’88% del PIL nel 2023. In termini contabili, ciò riflette un indebitamento con l’estero dovuto all’importazione di beni in quantità superiore rispetto alle esportazioni. Questo saldo negativo è il risultato dei disavanzi commerciali accumulati a partire dagli anni ’90.
Nonostante questi squilibri, la prevista svalutazione della valuta statunitense non si è concretizzata in modo rilevante. La forza del dollaro è attribuita al suo ruolo di valuta di riserva globale, che spinge i paesi esportatori con surplus di risparmio a investire in asset denominati in dollari per cautela. Questi afflussi di capitale mantengono il dollaro sopravvalutato, costringendo governo e famiglie americane a un eccessivo indebitamento. Il futuro del dollaro dipende quindi non solo da dazi e squilibri commerciali, ma anche da fattori globali come i rendimenti dei titoli statunitensi e il suo ruolo di valuta di riserva.
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