Da quando il 28 maggio 2017, esattamente 8 anni fa, Francesco Totti ha calciato il suo ultimo pallone da calciatore e capitano della Roma, ogni appassionato di calcio non è stato più lo stesso. Davanti allo schermo, così come sul seggiolino allo stadio: ci siamo scoperti tutti più aridi, ma soprattutto orfani.
No, questa non è retorica. E nemmeno una questione di tifo, ma un semplice dato di fatto. Questo sport, infatti, è forse l’unico vero retaggio di un simbolismo identitario, e di un senso di appartenenza, che sono ormai figli di un’altra epoca. Ed è in questo che risiede la magia del calcio: una disciplina che, non a caso, l’antropologo francese Marc Augé ha definito come una “religione laica“.
In quanto tale, essa si compone di templi (gli stadi), dell’appartenenza a una comunità (la tifoseria), dei suoi specifici valori (una dottrina) e ovviamente di divinità (le leggende che hanno segnato la storia di questo sport). Senza voler essere in alcun modo blasfemi, si può dire senza esitazioni che Francesco Totti è stato uno degli ultimi dèi “terreni” e romantici del football italiano. Ciò vale a prescindere dalla squadra che ognuno possa preferire.
Infatti, se è normale immaginare l’impatto che il Capitano può aver avuto per la Capitale e la sua gente, dall’altra parte non è sbagliato parlare di ‘nostalgia canaglia‘ anche per tutti i tifosi di quelle squadre che, a ragione, possono definirlo l’ultimo vero grande antagonista ascrivibile all’aura della mitologia calcistica.
Perché è vero: Totti è stato il simbolo assoluto di Roma e della Roma; un baluardo concettuale e simbolico di una portata universale, a cui i tifosi si sono aggrappati con orgoglio, soprattutto nei momenti più difficili.
Ma è altrettanto vero che, in un calcio sempre più asettico come quello attuale (quello delle aspiranti ‘Superleghe‘), anche per i non/anti-romanisti il ritiro del Pupone ha rappresentato inesorabilmente la fine di un’era.
Quel Roma-Genoa del lontano maggio 2017, una delle ultime icone della versione più romantica e sincera di questo sport, ha appeso gli scarpini al chiodo, lasciandoci tutti più soli. E sì, anche orfani: della sua classe, del suo genio calcistico, e di tutto ciò che rappresentava; cioè tutti quei valori che nel calcio di oggi (e non solo) sono sempre più rari.
Le lacrime di chi, quel giorno, si è commosso davanti alle immagini di quella cerimonia sono gli odierni sospiri nostalgici di chi, ripensandoci, disegna un sorriso dolceamaro sul viso. Nella piena consapevolezza che con Totti e la sua storia, chi più chi meno, ci siamo cresciuti tutti.
Da adolescenti sognatori, siamo diventati adulti disillusi. I figli sono diventati padri; i padri sono diventati nonni. E come quando si ricorda con dolcezza un vecchio amico d’infanzia, oggi è bello omaggiare l’ultimo simbolo romantico del calcio che ci ha fatto innamorare: quel calcio che, in qualità di “cosa più importante fra le meno importanti“, ha sempre scandito (e continuerà a scandire) ogni giorno della nostra vita.
Il conflitto fra Israele e Iran continua ad assumere tratti sempre più tragici. Nella mattinata…
Ademola Lookman finisce nel mirino della Juventus: i bianconeri sono pronti a duellare con il…
Brutte notizie per i dipendenti che si ritroveranno con una riduzione dello stipendio in busta…
Tadej Pogacar deve guardarsi le spalle in vista del Tour de France. Non sarà affatto…
Negli ultimi giorni, due importanti quotidiani tedeschi hanno diffuso notizie allarmanti circa presunte attività segrete…
Era il diciassette giugno di quarantadue anni fa, quando vedemmo Enzo Tortora in manette. Aveva…