Parigi oh Kvara, parafrasando una sottovalutata commedia di inizio anni Sessanta con l’indimenticabile Franca Valeri.
Però siamo a Liverpool, ed è la gara di ritorno, dopo che all’andata il dio del calcio aveva esemplificato al massimo grado la differenza tra il risultato e i contenuti, quando c’è il pallone di mezzo.
Giochi di parole a parte, è certo che il gol che pareggia il conto con l’andata, pur se lo firma Ousmane Dembélé, il Liverpool è come se se lo segnasse da solo, il che getta “Anfield Road” in qualche minuto di sconforto, per poi tornare a far echeggiare il canto della Kop a sostegno di Salah e compagni.
L’intensità non manca, agli uomini di Slot e i pericoli fioccano dalle parti dell’acciaccato Donnarumma, però non arriva l’episodio risolutore e, dopo cinque minuti di recupero, le due squadre, che in questo ritorno hanno dato vita a un confronto più spigoloso ed equilibrato rispetto all’andata, sanno di dover continuare a cercare la qualificazione attraverso la coda dei supplementari.
Nel tempo addizionale sembra aver più fame il PSG, che cerca in ogni modo di approfittare del disordine palesato dal Liverpool in fase difensiva.
Partita “piena” di Kvaratskhelia, nel frattempo, tra sostanza e qualità, corsa e intuizioni.
Allo scadere del primo tempo supplementare, un interrogativo si fa strada: quale, tra le due squadre, sta tessendo la tela per avvolgere l’altra e tentare di piazzare il morso decisivo?
Se è vero che Donnarumma ha dominato la propria area per centoventi minuti, Alisson su Dembélé deve esibire tutto il suo potenziale di reattività e atletismo.
Al Liverpool manca un mezzo rigore su Salah, forse?
Fatto sta che arrivano i rigori più crudeli di tutti, ovvero quelli che estromettono troppo presto la protagonista di una finale anticipata. Ebbene, lo stillicidio prosegue quasi a oltranza. Quasi: Donnarumma “uccide” il diagonale di Nunez, blocca quello di Jones, si gode la vista del rigore di Doue che porta Parigi ai Quarti.
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