Mario Draghi, dopo un anno da ricevimento dell’incarico da parte della von der Leyen, ha partorito il famoso rapporto sulla competitività e, come abbiamo visto, è tutt’altro che un rapporto felice. Se non capiamo che l’Unione Europea ha rappresentato il problema italiano degli ultimi anni in termini di ritardo di investimenti, di scarsa produttività, di declino industriale, non comprendiamo allora il contesto di riferimento.
Partiamo dal vincolo di bilancio che ha depresso gli investimenti pubblici, l’immigrazione incontrollata che ha favorito la svalutazione salariale, la disoccupazione, il controllo ossessivo dell’inflazione e la moderazione dei prezzi che hanno depresso gli investimenti e la produttività e infine le scelte di politica economica con l’incremento del prezzo del gas. Insomma, non è stato sufficiente spegnere il condizionatore.
Arrivando alle soluzioni, la proposta di un grande Stato nazionale è semplicemente pericolosissima e a me assolutamente provoca sdegno per non dire altro.
Sdegno, ecco forse questa è la parola, perché non tiene conto della specificità dei diversi paesi e l’unione priva di logiche di unione si è dimostrata ormai da decenni completamente dannosa. Vogliamo veramente riprendere lo stesso errore? Soprattutto, chi dovrebbe pagare le eventuali misure, il debito comune, i cosiddetti euro bond? Sicuramente a questo punto non possono essere gli Eurobond la soluzione perché sono già stati banditi dai tedeschi.
Gli stessi trattati dell’Unione Europea li vietano. Ma, cosa più importante, il problema è che la burocrazia, l’istituzione attuale, il dialogo tra Commissione Europea, Consiglio Europeo, Parlamento Europeo non possono risolvere i problemi che hanno creato nell’ultimo ventennio. E allora la domanda retorica che faccio è: non sarebbe meglio – invece che proporre un unico Stato – smantellare tutto questo inutile e dannoso apparato intergovernativo che ha danneggiato gli Stati già esistenti?
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