Il calcio è uno sport strano, soprattutto perché fornisce chiavi di lettura impensabili da un momento all’altro o, come stasera, dalla fine del primo tempo allo scorcio iniziale della ripresa.
Quando Juventus e Lazio sono tornate negli spogliatoi dopo i primi 45′, avevamo appena assistito a una frazione di gioco che aveva visto i biancocelesti arrivare quasi sempre primi sul pallone e “avvolgere” con autorevolezza una Juventus involuta e nervosa, spesso fischiata dal suo pubblico, a volte rallentata dai suoi stessi centrocampisti, Locatelli in testa; litigiosa, anche, se pensiamo alle plateali discussioni tra Chiesa, Vlahovic, Cambiaso.
Fatto sta che poco dopo lo scoccare dell’ora di gioco i bianconeri sono in doppio vantaggio, con due firme d’autore e contro una Lazio che inaspettatamente ha cominciato a prestare il fianco, a commettere errori di posizionamento (vedi Luis Alberto in occasione del gol di Chiesa), a farsi scottare il pallone tra i piedi. Quando escono un Luis Alberto evanescente e un Immobile quasi non pervenuto, lasciando il posto a Castellanos e Kamada, la partita della Lazio sembra comunque indirizzata verso un finale mesto, perché Vecino e compagni non riescono a ritrovare la lucidità che aveva supportato il palleggio fluido del primo tempo.
La Juventus ha saputo soffrire, in un momento tra i più complessi dell’ultimo decennio; la Lazio ha invece cominciato a soffrire, consentendo a Rabiot e compagni di approfittarne.
Paolo Marcacci
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