Strana partita, in fondo, con un destino che appariva già scritto e un finale al quale una transizione offensiva ben condotta dalla Juventus strappa le ultime pagine della sceneggiatura, ma senza scrivere la parola fine, ancora una volta.
Aggirata la boa dell’ottantesimo minuto, col Napoli aggrappato al vantaggio firmato da Kvaratskhelia nel primo tempo, ci stavamo chiedendo se per Allegri non fosse più conveniente riavvicinare Chiesa un pochino alla porta per vie più centrali, dopo averlo decentrato sulla fascia. Nel mentre, sfruttando il corridoio dalla fascia, lui dava ragione all’evoluzione del suo utilizzo con una conclusione di destro, radente a pelo d’erba.
A quel punto, gli umori sembrano volgere a favore di una preponderanza delle motivazioni juventine, anche perché Vlahovic interrompe persino l’esultanza del compagno pur di andare a caccia dell’1-2 del quale i bianconeri sentono il profumo. O il fumo, col senno di poi. Perché arriva il rigore, giusto, con il quale il Napoli realizza il 2-1 al minuto 86, non senza patemi, con Raspadori che corregge l’errore di Osimhen dal dischetto.
La Juve, autrice di una gara a tratti anche auturevole, deve mangiarsi le mani fino ai polsi, per le tante occasioni sprecate, soprattutto nel primo tempo, Vlahovic in testa.
Paolo Marcacci
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