Pioniere della radio, artista della pena, coniatore di detti, paroliere di immagini. Racchiudere Franco Melli in così pochi concetti è un peccato mortale nel giorno in cui mette a segno l’ottantesima estate. Mejo così che peggio, si potrebbe dire nel bel mezzo di una diretta, tra un litigio – furioso, ma innocente – e una risata a fargli da eco. La licenza di giustificarsi con questo detto va però lasciata al suo autore, perché in una carriera decennale solo il meglio di sé ha avuto il coraggio di lasciare in eredità al giornalismo sportivo.
“Lui è la radio“, scrivono da casa alcuni ascoltatori. E in effetti da 37 anni dopo il jingle di “Radio Radio lo Sport”, il primo “buon pomeriggio” agli ascoltatori è inconfondibile.
Caldo, amichevole, ironico come nessuno se ne sente nell’etere. E chissà se ha davvero importanza che venga ricordato come l’opinionista del secolo, quando il diretto interessato sa già molto bene che non è quella la partita.
Tra una martingala e l’altra, giocando a indovinare il futuro sulla base di conoscenze non certo latenti, il nome dell’opinionista per antonomasia ha tutto per restare ben impresso per i prossimi 80 anni. Il motivo è presto detto, e si spiega con un paradosso che nasce proprio dalle lunghe dirette insieme: se Dio è juventino, l’unico ad abbracciare ogni colore scattandone l’essenza, si chiama Franco Melli.
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