Propaganda bellica: passa ma non ce ne accorgiamo. Come quando in prima pagina era stata messa la foto di un bombardamento senza attribuirlo ad alcuno nel titolo. Come quando al TG sono passate foto di un videogioco spacciate per attacchi missilistici. Come quando “alla Russia restavano pochi mesi”.
“Io ero a Donetsk quando cadde quel missile ucraino. Restarono uccise 23 persone, massacrate, fatte in mille pezzi. Si ruppero i vetri del palazzo in cui mi trovavo, e ci fu un numero imprecisato di feriti. Il giorno dopo La Stampa uscì in prima pagina con l’immagine della carneficina di Donetsk titolandola ‘La carneficina’. Il tutto senza mettere il nome del fotografo, senza contesto e tutto intorno notizie di bombardamenti russi sull’Ucraina. Hanno utilizzato una carneficina fatta dagli ucraini in territorio filorusso spacciandola per un attacco russo su territorio ucraino“.
A parlare è Giorgio Bianchi, fotoreporter decennale impegnato nel Donbass dal 2014: “Fui io a denunciare la cosa per primo, ho intervistato il fotografo e lui non aveva venduto la foto a La Stampa. E’ stata decontestualizzata. La sera dopo fui intervistato dalla Gruber. Andatevi a riprendere quella trasmissione, il momento più basso del giornalismo. La Rai ha fatto la stessa cosa quest’anno, il TG3 linea notte e il TG regionale hanno utilizzato le immagini dei bombardamenti ucraini su Donetsk, sui civili, spacciandoli per bombardamenti russi. L’ordine dei giornlisti non è intervenuto. I fact checkers, Mentana, questa gente qui, dove stanno?”
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