C’è una ragione psicologica e culturale dietro le festività. Traducendo, esiste un motivo perché il 2 novembre celebriamo i morti e il 25 dicembre il Natale (o qualsivoglia festa di altre culture). “Abbiamo un ritmo che non dipende dalla settimana lavorativa. Un ritmo strano, misterioso, ma probabilmente il 28 lunare diviso per quattro. Il tempo (dal greco ‘temno’, cioè ‘dividere) ha bisogno di una scansione. Una scansione fatta in parte dalla natura, in parte della cultura; infatti non c’è civiltà dal Neolitico in avanti che non abbia creato una sacralizzazione del tempo. Sacro e tempo hanno a che vedere con i calendari, le stagioni, le feste, la cultura”.
“Quella cristiana ad esempio ha dovuto attingere ai calendari giuliani, che celebravano la festa del Sol Invictus a Natale. E’ il punto della stagione in cui le giornate cessano di accorciarsi e cominciano a allungarsi. Non ci dobbiamo stupire di questa sacralizzazione del tempo, che è assolutamente normale”. La differenza, per il Prof. Meluzzi la fa una tendenza moderna: “Questi globalisti pensano bene di trasformare il nostro calendario con delle festività ideologiche. Un po’ come i rivoluzionari giacobini, costruiscono a tavolino finte liturgie con delle finalità ben precise”
Approfondiamo a ‘Un Giorno Speciale’.
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