Cultura e contro cultura, mettiamola così. O, se preferite: impegno agonistico purchessia contro mentalità da vecchia Serie A di fine stagione.
Da una parte l’impegno, encomiabile, di squadre come Verona, Torino, Bologna, Udinese in ordine sparso. Obiettivi già raggiunti, o non più raggiungibili, ma profusione di agonismo sempre rispettosa dell’impegno e della regolarità del campionato, di conseguenza.
Dall’altra, le lamentele di un tecnico come Mazzarri, al quale il Cagliari sta evidentemente sfuggendo di mano a livello di tenuta nervosa, che se la prende con un avversario, il Verona, che a suo giudizio ha giocato con un impegno da Champions. È esattamente quello che sempre dovremmo augurarci, soprattutto in un campionato come il nostro, la cui storia recente dimostra che fino a qualche stagione fa dalla primavera in poi molte partite cominciavano a non essere quotate dai bookmakers, perché l’esito era scontato in partenza, quando c’erano di mezzo squadre che veleggiavano in una fascia di classifica senza infamia e senza lode, ossia senza più rischi né possibili obiettivi.
Quello che stiamo vedendo dalle squadre di Juric, Tudor e compagnia è ciò che sta rendendo interessante e decoroso il finale di stagione. Proprio per questo, non piace a Mazzarri e a quelli che ragionano con le logiche di un’epoca in cui sarebbe stato giusto restituire i soldi dei biglietti di troppe partite di fine stagione.
Paolo Marcacci
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