Alto numero di imposte e tassazione alle stelle, soprattutto sul lavoro. I dati OCSE mostrano una realtà preoccupante relativa all’Italia, che conferma una situazione difficile dell’economia italiana che inevitabilmente si ripercuote anche sui cittadini. Come rivelano infatti tali dati, l’Italia è al secondo posto tra i Paesi OCSE per imposte totali e aliquote contributive. Le imposte che un’impresa deve pagare ogni giorno, dunque, sono altissime rispetto ad altre nazioni, con una percentuale vicina al 60% di prelievo reale.
Le imposte sui redditi delle imprese, sono per lo più imposte sul lavoro e contributi sociali. Questi numeri ovviamente non incitano le aziende ad assumere, anzi, si tratta di un vero e proprio disincentivo all’occupazione. Come se tutto ciò non bastasse, anche la burocrazia ha un peso elevatissimo. L’analisi di Valerio Malvezzi a ‘Un Giorno Speciale’.
“Da dati OCSE, la pressione reale totale sulle imposte, aliquote contributive, in percentuale dell’utile, è circa il 60%. Siamo in splendido isolamento insieme alla Francia. Persino la Grecia ha dati più bassi. Una differenza di 10 punti percentuali è abissale. Gli Stati Uniti sono tra il 30 e il 40. Poi arriviamo alla fine a chi paga circa il 30% di tasse che sono la Slovenia, l’Islanda, il Regno Unito, la Svizzera… Chi di dà lezioni come Danimarca e Lussemburgo, ha il 20% di pressione fiscale reale”.
“Questo grafico va a vedere la scomposizione reale della pressione fiscale. Confrontandoci con altri Paesi come la Germania, è importante scendere nel disaggregato della pressione sulle imprese. C’è l’imposta vera e propria sui profitti, l’imposta sui contributi del lavoro e altre imposte. L’Italia ha una situazione folle. Ha un 42% di imposte sul lavoro e oneri sociali: la Germania ne ha la metà. Come facciamo a competere con loro? La pressione sul lavoro, il problema del cuneo fiscale, è qualcosa di anomalo. Competere con certi Paesi è difficile. In economia umanistica lo scopo di uno Stato è creare posti di lavoro, non reddito di cittadinanza. Il vero obiettivo è ridurre la barra rossa e incentivare delle forme compensative. Se tu assumi, paghi meno tasse. Questo è un metodo che ha sempre funzionato. Uno dei problemi di questa Europa è stata la precarizzazione del lavoro. Questo non è un tema di sinistra ma di buon senso”.
“Il numero di pagamenti per anno vede l’Italia tra i Paesi che a livello mondiale ha più alti pagamenti d’imposta. Il tasso burocratico è altissimo. Tra tutti i Paesi OCSE perdiamo un mare di ore di lavoro. Gli imprenditori dovrebbero produrre. Non si può pensare che Unicredit o San Paolo abbiano gli stessi adempimenti formali, giuridici e normativi della BCC per una questione di struttura. C’è un disegno di globalizzazione e oligopolio”.
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