Aumentano dubbi e perplessità sulla morte di Gianmarco Pozzi. Il ragazzo di 28 anni è deceduto, per cause ancora non chiare, lo scorso 9 agosto sull’isola di Ponza.

Fin dal principio la sua famiglia si è opposta con forza all’ipotesi della caduta accidentale da un muro di contenimento. In questi mesi sono apparse davvero troppe le incongruenze. Ma soprattutto appaiono troppi gli errori commessi da chi doveva indagare sulla tragedia.

Recentemente alcune trasmissioni televisive hanno fatto luce sull’accaduto. Radio Radio, con Luigia Luciani insieme ad Enrico Camelio in studio ed il Direttore Ilario Di Giovambattista in collegamento, ha ascoltato i diretti interessati di questa triste vicenda. Queste le testimonianze raccolte del padre Paolo Pozzi, della sorella Martina Pozzi, dell’Avv. Fabrizio Gallo e il parere sul caso Pozzi del Generale Luciano Garofano, biologo ed ex Comandante RIS di Parma

Paolo Pozzi: “Tutti i fatti che non combaciano”

Io nell’imminenza del fatto ero sconvolto. Subito dopo la perizia cadaverica, che non sapevo cosa fosse e pensavo avessero fatto l’autopsia, il magistrato mi convoca e mi chiede cosa volevamo fare. Con mia figlia non avevamo mai parlato di cosa fare in caso di morte. Avevo il desiderio di portare Gianmarco a casa e ho chiesto al magistrato, il giorno prima, di cremarlo. Il giorno dopo lei mi chiama dandomi l’autorizzazione alla cremazione. Io vengo a scoprire solo dopo tante cose. Lei aveva dubbi sui piedi di mio figlio e non ha mai chiuso il caso. Non mi sento l’unico responsabile di questo. Se lei aveva dei dubbi, secondo me, non mi doveva dare l’ordine per la cremazione. E’ la prima volta che mi trovo in un caso del genere e non lo auguro a nessuno perché… quei giorni non c’ero, ero sconvolto.

Diversi fatti non combaciano in questa storia. In particolare quando mia figlia è andata a Ponza. All’inizio io ero titubante, perché sono uscite anche delle false notizie. Su articoli di Latina Today si scriveva dei RIS presenti sull’isola l’11 agosto o il 13 agosto. Io dicevo: ‘State tranquilli, stanno lavorando, stanno investigando’. Invece non c’è andato nessuno. Per cui verso il 20-21 agosto, grazie a Martina, ho incominciato ad aprire gli occhi anche io. Perché la telefonata da Ponza diceva che mio figlio cade da un terrazzo alto 5-7 metri, quando quel muro di contenimento è alto circa 3 metri (2 metri e 86 o qualcosa del genere). A quel punto iniziano a venire un sacco di dubbi.

Le forze dell’ordine, quando mia figlia è arrivata sull’isola, si comportavano come se lei dava quasi fastidio. L’hanno mandata via. Ci hanno chiamato alle due e mezza perché il traghetto partiva. Non c’è stata collaborazione. Grazie a Martina ho iniziato ad aprire gli occhi anche io, e se stiamo a questo punto il merito è anche suo perché altrimenti avrebbero chiuso il caso punto e basta“.

Martina Pozzi: “Chi ha rotto il telefono di mio fratello?”

Noi non colpevolizziamo per la cremazione mio padre assolutamente. Anche perché ricordo che quando c’è un caso di magistratura su una morte, oltre all’autorizzazione del magistrato, il medico legale deve rilasciare un nulla osta. Quindi prima di arrivare a noi c’erano dei passaggi fondamentali che loro hanno preso in maniera superficiale. Se c’era un dubbio sulla morte di mio fratello, il PM stesso doveva chiedere il sequestro della salma e non lasciarla dopo 4 ore da un’ispezione cadaverica.

Io sono andata sull’isola il giorno dopo, quindi il 10 mattina. Mi aspettavo di trovare quantomeno una zona sotto sequestro. Si trattava comunque della morte violenta di un ragazzo di 28 anni. Io sono arrivata fino dove è morto mio fratello e non c’era nulla, non era transennato nulla, era stato completamente pulito tutto, i ragazzi stavano tranquillamente nella casa ripulita, non si ritrovavano oggetti personali di mio fratello. Quindi ho detto a mio padre: ‘Fermiamoci perché c’è qualcosa che non va’. Ovviamente partivo preparata da Roma con amici in polizia che mi dicevano: ‘Guarda non ti spaventare, perché arriverai e troverai una situazione un po’ particolare. Deve essere tutto transennato dove c’era il corpo di tuo fratello’. Lì invece non c’era nulla, c’era il signore che puliva con la varecchina.

Il telefono di mi fratello, dai vari racconti, era sano. Tanto è vero che il comandante di Ponza effettuerà una chiamata all’ultimo numero ricevuto. Al consulente del Tribunale questo telefono è stato dato completamente rotto. Quindi mi domando: chi ha rotto il telefono di mio fratello? Visto che ce l’hanno avuto loro in mano e dal 9 agosto hanno consegnato il telefono il 20 ottobre, 2 mesi dopo, a un perito che ha distrutto tutto“.

Generale Luciano Garofano: “La realtà ce l’hanno detta i familiari”

Purtroppo credo che la realtà drammatica, e non condivisibile, ce l’hanno detta i familiari. Questo spesso è uno degli errori che io colgo in tanti casi quando ci si confronta con una vicenda complessa come questa, perché è una vicenda sicuramente dai contorni tutti ancora da approfondire. Ci si appiattisce su un intervento superficiale che non può essere lasciato all’organo territoriale, ma deve prevedere l’intervento di organi specialistici come appunto il RIS. Perché la tempestività è importante, in questi casi, sia quella che si riferisce alle prove dichiarative e cioè le testimonianze che sono fondamentali perché le persone cambiano, dimenticano, si organizzano, pensano che è meglio dire una cosa piuttosto che un’altra, sia quella che riguarda i rilievi. I rilievi vanno fatti sulla vittima e sul luogo in maniera approfondita. Se non li fai, anche con una documentazione fotografica e delle misure appropriate, perdi degli elementi che successivamente si fa fatica a recuperare. Quindi credo che questa vicenda ha sofferto di superficialità.

La copia forense del telefono, che è una copia tutelata, richiede pochissimo tempo. Certo, dipende da quanto materiale è inserito in quel dispositivo. Tutti gli esperti lo sanno, anche i carabinieri. Sanno che non deve essere toccato, non deve essere accesso, e se è accesso bisogna lasciarlo così e fare una copia forense sulla quale si possono fare tutti gli approfondimenti necessari. Il telefono oggi parla, parla molto di più delle testimonianze. Perché ci dà indicazioni sui luoghi, su chi ci ha contattato, su cosa ci siamo detti. E’ uno strumento investigativo più importante di tanti altri.

Già è stato perso tempo e sono stati fatti degli errori. Il fatto di dover aspettare quando sarà chiusa l’indagine significa assottigliare, ridurre ancora di più quelle che sono le possibilità della difesa. Io sono a disposizione, se posso essere utile. Sono un comune mortale, non faccio miracoli, però vediamo“.

Avv. Gallo: “Tutto questo è pazzesco”

“Il Generale Garofano sta dicendo cose interessanti e molto appropriate. Non voglio dir nulla, ma se ci fosse stato il Generale Garofano oggi stavamo già al primo grado di questo omicidio. Purtroppo non tutte le Procure e non tutti i collaboratori hanno la competenza. Noi ad oggi non abbiamo ancora nulla del telefono. Questo perché il perito informatico incaricato dal Pubblico Ministero fa otto tentativi, il telefono va in blocco e sostiene che non si può mai più aprire. C’è soltanto una ditta, la Celebrity che sta in Germania, che potrebbe fare il tentativo di aprire questo telefono ma che dà una certezza dello 0,5-0,6%.

A noi non hanno consentito di poter collaborare perché il telefono era già stato dato a questo perito di Caserta, il quale lo ha tenuto 7-8 mesi, per poi riconsegnarlo e dire: ‘Io non ho potuto fare nessuna copia forense perché abbiamo preso gli elementi prima del blocco, poi è andato in blocco e a questo punto secondo me non si può fare più nulla.

Tutto questo è pazzesco. L’autopsia non viene fatta, l’area non viene bloccata, non si fanno cose importantissime. Non si vanno a fare rilevamenti sulla casa dove il ragazzo abitava, non so chi ha dato il comando per resettarla. Vengono derubati e dispersi i vestiti e i documenti di Gianmarco. Noi oggi andiamo in Procura e ci dicono: ‘Avvocato ma che vuole? Guardi che è un incidente, ancora insistete?‘”.

Martina Pozzi: “Abbiamo trovato muro alto 10 metri”

“Se siamo arrivati ad oggi è per tutte le trasmissioni che ci hanno ospitato. A distanza di un mese, quindi a settembre, già mi era stato detto che il caso sarebbe stato archiviato come incidente. Premesso che tutto il materiale che hanno loro lo abbiamo raccolto noi, testimonianze, registrazioni e siamo andati sul posto. Noi ci siamo sostituiti a loro, non abbiamo mai ricevuto nessun tipo di collaborazione. Ma anzi un muro alto 10 metri. Quando vorrei ricordare che il Pubblico Ministero dovrebbe battersi per dare giustizia a mio fratello e non ostacolare le indagini. Per cui è stato fatto tutto in un’unica direzione, quella di nascondere la verità.

Il motivo non lo so. Io ho una mia idea. Penso che anche il comportamento dei Carabinieri siano coinvolti e se non lo sono devono darci delle spiegazioni su come hanno operato perché mio fratello non è stato trattato come persona. Gli hanno tolto la dignità. Due giorni buttato dentro un sacco, non lo abbiamo riconosciuto noi. L’ha riconosciuto gente che per noi non è nessuno. Noi lo abbiamo visto 4 giorni dopo. Mi domando come fa una procura a non effettuare un’autopsia su un ragazzo di 28 anni quando ad oggi si fa su persone di 80. Anche a livello remunerativo è strano perché il medico legale percepisce 3 volte tanto che su un’ispezione cadaverica“.

Avv. Gallo: “Perché non è intervenuto il medico legale?”

“Il motivo per cui il medico legale non interviene sul luogo del ritrovamento del corpo di Gianmarco non è mai stato spiegato ma noi abbiamo una nostra spiegazione. Ci troviamo su un’isola.. quando gli inquirenti del posto segnalano al medico legale, credo anche al magistrato, che molto sicuramente non dovevano intervenire perché si trattava di un incidente palese di un ragazzo che gli avevano riferito fosse allucinato per l’assunzione di cocaina (che poi non era vero, perché aveva consumato una piccola quantità ed era assolutamente lucido) a questo punto il medico legale e il Pubblico Ministero si sono convinti che il ragazzo si fosse addormentato alla soglia di un terrazzo e fosse caduto. A quel punto andare ad accertare una morte sul luogo non lo ha ritenuto necessario perché ha detto, se è così ci fidiamo degli inquirenti che ci portano verso questa strada e hanno ritenuto di prendere il ragazzo e portarlo all’ospedale di Cassino risolvendo il caso con un incidente.

Su questa linea sono continuate sia le indagini che gli accertamenti perché il Pm non ordina al medico di fare l’autopsia. Però nel momento in cui hai un ragazzo che non si sa di cosa è morto, non ti puoi fidare di un ragazzo che riconosce il povero Gianmarco, di due-tre carabinieri che non hanno forse mai visto un omicidio. Non ti puoi fidare, tu devi fare l’autopsia e la responsabilità di non averla fatta cade non solo sul medico legale, ma cade soprattutto sul magistrato. Premettendo anche che il nostro consulente il professor Fineschi ha dichiarato che alla visione delle fotografie si evince che il ragazzo è stato menato, che la morte è causa di terzi, cioè il ragazzo è stato malmenato da terze persone. Non si è buttato”.

Martina Pozzi: “Verosimilmente non significa certezza”

“No io non l’ho fotografato e non l’ho visto. Ho visto le foto in anteprima a settembre e quindi mi sono resa conto che le foto-ritrovamento di mio fratello con le ferite in testa senza sangue, non c’era un muro sporcato… secondo me mio fratello era stato portato lì in un secondo momento. Per quanto riguarda poi la dottoressa Lucidi che vorrà fare clamore mediatico, io la aspetto. Ad oggi sostiene che insieme a lei ci sono stati altri medici ad aver visto il corpo di mio fratello. Ma le ricordo che la perizia è stata firmata da lei, quindi è lei la responsabile materiale di una perizia lunga 20 pagine di cui 15 sono allegati dei Carabinieri di ricostruzione dei fatti. Perché di perizia sono 5 pagine, dove conclude che verosimilmente la ferita alla testa di mio fratello è compatibile con la caduta. Verosimilmente a casa mia non vuol dire che è morto in seguito alla caduta, un medico legale deve accertare la causa della morte, non creare ipotesi, né fare l’investigatore”.

“Non crediamo più nella giustizia”

Paolo Pozzi: “E’ grazia a mia figlia che ha le pa** se stiamo a questo punto. Io ho sempre creduto nella giustizia e se oggi siamo a questo è merito suo. Nella giustizia oggi credo molto meno. Per 5 mesi andare in Procura e vedere che rompi le pal** non è ‘na cosa piacevole. Io sono la parte lesa e non voglio il caffe o il tappeto rosso. Però un po’ di comprensione. Mi sono accorto che le cose non sono andato nel verso giusto”.

Martina Pozzi: “Io non credo più nella giustizia. Io mi scontro con il magistrato ogni volta che vado in Procura. Secondo me lei non è lucida, giustamente sta coprendo le persone che hanno fatto le indagini in maniera sbagliata. Gliel’ho detto in faccia e voleva denunciarmi per diffamazione. Io sono sempre stata qui e non ho timore di nessuno. A me hanno ammazzato un fratello, a lei le ho detto ‘se fosse stato suo figlio sarebbe contenta dell’operato?’ – ha risposto dicendo che non potevo farle una domanda simile e invece lei se la dovrebbe fare questa domanda perché oggi è toccato a noi ma purtroppo può succedere a tutti. Interfacciarsi con una giustizia così, ti porta a non avere più fiducia, perché di fronte a tutti i fatti che sono usciti oggi, ancora asserire che sia un incidente credo sia veramente follia”.

“Noi abbiamo alcune ipotesi”

Avv. Gallo: “La questione diventa in salita e molto difficile perché quando poi abbiamo, diciamo delle incompetenze per usare un eufemismo, da parte degli inquirenti il caso diventa molto complicato. Tenga conto che nel caso Vannini e nel caso Cucchi, pur mettendoci anni per arrivare alla verità, lì avevamo già i responsabili. Bisognava capire solo il titolo del reato. Qui oltre ad avere difficolta sulla condizioni delle indagini non abbiamo un vero responsabile anche se noi abbiamo dei dubbi e delle ipotesi”.

Martina Pozzi: “Il papà di Vincenzo, il proprietario del locale è il comandante dei vigili urbani di Ponza. Gianmarco era a Ponza, chiamato direttamente da per fare la scorta, la sicurezza personale e questo lascia già pensare. E non dimentichiamoci tutte le dichiarazioni che ha fatto in televisione, dove lui ha affermato di spacciare e ad oggi è ancora a piede libero. I capi di imputazione per lui credo ci siano”.

Martina Pozzi: “Di cosa aveva paura Alessio?”

“Alessio non era un amico di Gianmarco, si conoscevano da 4 mesi e noi non l’abbiamo mai visto dentro casa. Gli amici di mio fratello sono altri. Le sue dichiarazioni si stanno smontando piano piano da sole, con le testimonianze che stanno uscendo e con alcune prove dove lui contattava mio fratello durante la notte. Quindi se tu stai con mio fratello come fai a contattarlo? E comunque anche la persona che vede Alessio alle 8.00 di mattina, smonta il fatto che lui dice che stava dormendo, smonta il fatto che mio fratello stava con lui, smonta il fatto che era stralunato. Quindi questa persona sa tanto e la cosa anomala è che se tu non centri nulla con l’omicidio di mio fratello , non capisco perché il giorno dopo quando io arrivo a Ponza mi dici ‘io devo partire perché ho paura’. Ma paura di cosa?”

Avv. Gallo: “Persi dati importantissimi per la ricostruzione”

“Le telecamere del percorso di Gianmarco di quella mattina non sono state sequestrate e quando abbiamo segnalato questa circostanza alla Procura, quello che ha fatto il PM è stato mandare dei carabinieri a verificare se ci stavano delle telecamere. Ma pure che tu oggi certifichi la presenza delle telecamere, voi sapete benissimo che registrano 12-24 ore, 3 giorni al massimo. Oggi è tutto perso. E allora io dico: queste cose non le hanno volute fare o si sono scordati di farle? Abbiamo perso dei dati importantissimi per la ricostruzione degli eventi”.

Avv. Gallo sul rapporto con il PM

Quando poniamo queste domande al PM, il PM non mi risponde sostenendo che siano loro a fare le domande e noi a dover rispondere. Io ho fatto una descrizione puntuale nel mese di ottobre 2020 sulle celle, su un apparecchio usato in un altro omicidio di Benevento dove si individua la cella di soggetti che stanno in quel posto, io ancora sto aspettando l’esito di quell’accertamento perché anche quello può dirci chi può essere stato con lui nell’ora in cui è stato ammazzato. Quando lo chiedo al magistrato, mi lui risponde dicendo che non devo permettermi a chiedere queste cose.

Se da una parte il PM ha ragione perché le indagini sono secretate. Ma io sono l’avvocato della parte lesa e siamo nella stessa barca, io sono l’avvocato della vittima e tu puoi dirmi se dall’accertamento hai scoperto qualche cosa o no. Noi rimaniamo basiti perché abbiamo un atteggiamento ostile da subito da parte del PM.

A quel punto abbiamo deciso di farci aiutare anche dai Mass media che hanno dato una svolta dal punto di vista dell’attenzione. Io ho un lumicino di speranza su questo caso perché non credo che per pochi grammi di cocaina o per nascondere e coprire qualcuno si passi sopra l’omicidio di un ragazzo di 28 anni che aveva davanti tutta la vita.”