“Io Apro” scende in piazza, e a Roma si scatena ancora la bufera. Immagini di camionette della polizia e manganellate in scontri-guerriglia si diffondono in TV e sul web, dove però meno spesso si tentano di capire le ragioni di chi, in piazza c’era sceso pacificamente e con proposte concrete da fare all’esecutivo.
Se da un lato c’era la guerriglia, dall’altro si vedevano occhi lucidi e dignitosa disperazione di persone che non comprendono perché il sacrificio di abbassare la curva epidemiologica spetti in gran parte a loro.
E neppure con la scienza si spiega ancora perché quelle saracinesche siano abbassate mentre di fronte si svendono sigarette o si imbusta tranquillamente la spesa.
A ‘Lavori in Corso’ ha espresso l’interrogativo il coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia Guido Crosetto.
“Il dramma di queste manifestazioni è che, come in tutte le manifestazioni, c’è sempre qualcuno che non c’entra niente, che non ha ristoranti, non ha ristoratori e neanche una partita Iva e si infila con le bandiere per farsi pubblicità. E normalmente sono quelli più violenti, perché la miglior pubblicità è fare una rissa scatenata, così vai in tutti i TG e ti vedono, così affermi la tua identità. Questi sono i parassiti che io non sopporto e che con la loro presenza rovinano anche il messaggio che volevano lanciare quelle persone, che era quello di dire “fateci riaprire il prima possibile perché stiamo morendo”.
Gli animi esplodono perché la gente è veramente disperata e non ha contezza del futuro. E poi perché il passato pesa come un macigno. C’è una somma di nodi che stanno venendo al pettine ai quali si aggiunge l’impossibilità fisica di non poter mangiare.
Le risposte del Governo? Non c’è una risposta, ce ne sono diverse: c’è quella sui costi fissi dell’azienda che non hanno potuto pagare e andrebbero spalmati negli anni, c’è il problema della data per sapere quando possono riaprire, ci sono dei metodi con cui iniziare a capire se può riaprire qualcosa. Qualcuno mi deve spiegare perché il virus non si propaga in una tabaccheria di due metri quadri in cui entriamo in due per volta, ma si propaga nel negozio vicino che vende scarpe o vestiti, che magari è grande e largo cinque volte di più.
Alla fine le risposte devono essere anche logiche, altrimenti siamo all’accanimento.
Noi discutiamo di scuole e di ristoranti e sappiamo perfettamente che sulle metropolitane delle grandi città il virus si diffonde come in nessun altro luogo. Ma lì’ non è mai stato fatto un intervento.
Si è sbagliato dall’inizio, quando si è detto “chiudiamo tutto e vediamo cosa possiamo riaprire”, mentre invece l’impostazione sarebbe dovuta essere “teniamo aperto il più possibile e chiudiamo le cose pericolose“.
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