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“Siamo 250 medici in una chat e abbiamo capito come può essere curato il Covid” ▷ Dott. Stramezzi

La sanità in questo paese è molto cambiata: una volta il medico era da solo. Prendeva il suo calesse, la sua borsa e magari andava di notte in casa del malato a cercare di curarlo. Oggi esiste il sistema sanitario che con la tecnologia corrente ti permette di fare decine di migliaia di esami. Problemi particolari? Il tuo medico ti manda dallo specialista. Occorre l’ospedalizzazione? Il tuo specialista ti manda in ospedale.
Così sono sempre meno i responsabili della tua salute. Il sistema è più efficiente forse, ma non c’è più quel medico che per aiutarti ci mette l’anima, essendo l’unica barriera tra il paziente e la malattia.

Questa la ragione, secondo il Medico Chirurgo Andrea Stramezzi, per cui la medicina di base sarebbe stata spodestata e si sia ritrovata in panchina, in un momento in cui sarebbe dovuta essere protagonista, quello del Covid, che sta ridisegnando gli assetti economico-sanitari del nostro paese.

C’è però chi non ci sta. Chi dimostra che la medicina di territorio tanto ha dato e tanto può dare contro questa pandemia. 250 medici italiani, tra i quali molti hanno parlato proprio sulle frequenze di Radio Radio, che stanno studiando una tabella terapeutica ad hoc per la terapia domiciliare anti-Covid. Non si tratta di guru, ma di veri medici le cui ricerche stanno conoscendo la celebrità anche in altre parti del globo, visti gli incredibili risultati raggiunti coi loro pazienti: nessun decesso, pochissimi ospedalizzati.
Il Dottor Andrea Stramezzi ci ha detto di più in diretta.

La nostra tabella terapeutica è stata condivisa in Italia da oltre 250 medici che l’hanno firmata, ma anche dal Professor Harvey Risch, della Yale University, dal Professor Peter McCullough, dell’università del Texas, e da tanti colleghi stranieri.
Io ogni giorno ho delle conference call col sud America perché pian piano si stanno unendo molti Stati. Siamo partiti dal Perù, poi siamo arrivati in Cile, in Colombia, in Bolivia, in Ecuador. Ogni tanto c’è anche qualche politico di quelle parti che ci chiede cosa fare: nemo profeta in patria, ce lo chiedono loro.
Ci chiedono come applicare questa forma mentis che è quella di seguire il paziente a casa per evitare che ci siano tanti morti, tanti ospedalizzati e terapie intensive piene.

La sanità in questo paese è molto cambiata: una volta il medico era da solo. prendeva il suo calesse, la sua borsa e magari andava di notte in casa del malato a cercare di curarlo. Oggi esiste il sistema sanitario che con la tecnologia corrente ti permette di fare decine di migliaia di esami, quindi il medico oggi quando ha un dubbio, mentre una volta cercava di risolverlo per conto suo, di capire, utilizzava la semiotica o l’anamnesi per capire cos’aveva un paziente, oggi come oggi lo manda a fare esami.
Se c’è qualche problema particolare lo manda dallo specialista. Se lo specialista pensa che questo problema possa essere meglio risolto in ospedale, il paziente va a finire in ospedale.
Anche cinquant’anni fa i medici perdevano pazienti, però davano l’anima per salvarli. Oggi perché il medico generale deve fare quello che abbiamo detto? Perché ha tantissimi mutuati, ci sono quelli che magari gli riempiono la sala d’aspetto perché sono più ipocondriaci che altro, ha tantissimi anziani… insomma alla fine è oberato di lavoro e la visita domiciliare è diventata una cosa più complessa.

Se c’è qualche medico che è interessato all’appello che ho fatto, quindi di andare a curare i pazienti, sappia che c’è una chat di 250 medici. Ho visto tantissimi medici che si iscrivono per la prima volta alla nostra chat e ci chiedono aiuto per il primo caso. Questo primo caso generalmente è complicato: o ha nove mesi, o 99 anni, o ha 9 patologie… beh c’è una gara solidaristica e a me questo piace tanto perché stiamo rivitalizzando quella che è la figura del medico che cerca di aiutare i colleghi. Parlo a loro: colleghi, non avete mai trattato un caso di Covid in vita vostra? Non solo noi vi daremo una tabella terapeutica che possiamo diffondere solo ai medici, ma vi forniremo anche tutte le informazioni a livello di letteratura scientifica portandovi avanti mano a mano che passerà il “bisticcio”.
Se mille medici si unissero a noi, noi salveremmo probabilmente 10-20mila vite. Questo fa la differenza: venite con noi!

E ai pazienti dico: scriveteci, e anche se siete su un’isoletta lontana in mezzo al Pacifico noi vi aiuteremo. Avrete un medico che con una videochiamata cercherà di farvi un’anamnesi, si informerà di quel che succede e vi aiuterà magari anche contattando il vostro medico di medicina generale per farvi dare i farmaci o il ricettario del Sistema Sanitario Nazionale, o altrimenti vi invierà una ricetta per iniziare a curarvi.

Se avessimo iniziato a fare questo dopo due mesi, quando le cose già erano chiare a me e ad altri colleghi, dal Professor Cavanna al Dottor Capucci, al Dottor Mangiagalli, al Dottor Moschi… perché in realtà stavamo facendo tutti le stesse cose ma non sapevamo l’uno dell’altro. Quando ci siamo ritrovati e abbiamo visto che i nostri pazienti guarivano ci siamo riuniti per cercare di diffondere questa cosa.

Capitolo virologi

Le virostar che ci criticano dicono: dovete fare degli studi random per dimostrare che quello che voi dite è vero, altrimenti è fuffa.
Gli studi random esistono e vanno fatti, però attenzione: noi siamo in una pandemia. Noi stiamo pubblicando i nostri dati, li stiamo raccogliendo con università, piattaforme ecc… e sono dati di centinaia di medici messi assieme.
Ma avete idea dei tempi che ci vogliono? Pensate che sia così facile che uno scriva i propri dati e li manda a una rivista?
No, non funziona così. Pensate alla pennicellina: hanno iniziato a usarla, vedevano che guariva i pazienti e basta, non hanno aspettato mesi. Ci vuole tanto a capirlo?

I pazienti li vedono prima i medici di medicina generale, perché sono i primi che chiamano, poi ci sono quelli come me, che magari vedono il paziente quindici giorni dopo, perché lui prima non sapeva neanche che io esistessi; poi ci sono loro, quelli che sono negli ospedali; ecco perché forse non si accorgono che la tachipirina li fa aggravare: loro li vedono quando sono già gravi!
Io dico a queste virostar di venire con noi. Seguite dieci pazienti in dieci case diverse, poi capirete
“.

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