La notizia di un vaccino totalmente italiano è una buona notizia. E spiego perché: al di là la sua applicazione pratica significa che anche qui, come già sapevamo, si fa ricerca ad alto livello e che i vaccini di nuova concezione, questi antivirali basati sull’RNA messaggero che inganna sostanzialmente l’organismo facendogli generare anticorpi per una malattia che non c’è, possono essere sviluppati in tempi molto brevi. Questa è un’ulteriore buona notizia perché possono essere utilizzati e, infatti, derivano anche dagli studi che vengono fatti contro alcuni tipi di tumori. Dunque si rivelerebbero con uno spettro più ampio di applicazioni, anche perché è da lì che provengono.
Non deve perciò sorprendere che vengano sintetizzati in poco tempo. In realtà quel tempo non è poco e soprattutto non contano le medie precedenti intorno ai 4 anni o quelle ancora più antiche che volevano 10 anni almeno. Quello che conta in questo caso è la platea molto ampia di persone che si sottopongono alla sperimentazione, parliamo di più di alcune migliaia, e conta anche poter fare a meno di alcuni passaggi perché questi vengono fatti direttamente dall’organismo in quanto perfettamente controllati.
Su tutti questi vaccini, compreso quello italiano che ha superato la prima fase, ci sono poi le maglie che si stringono delle associazioni e degli organi governativi internazionali che presiedono ai medicinali. Qualcuno è portato a pensare che questi tempi siano effettivamente troppo brevi ma Hillman, negli Stati Uniti, in soli quattro mesi sintetizzò un vaccino contro una certa forma di influenza respiratoria acuta grave tipo Sars. Quindi questo è vero solo fino a un certo punto.
Non sono il più grosso affare, il core business, delle cosiddette Big Pharma, che impiegano veramente una piccolissima parte delle loro finanze in quella ricerca, e dei sistemi sanitari, che impiegano una parte ancor più piccola nelle spese con i vaccini. Soltanto i farmaci anti-reflusso sono di un ordine di grandezza maggiore in quanto a denari impiegati. Negli anni ‘60 le grandi aziende farmaceutiche che lavoravano sui vaccini erano più di 20, oggi sono meno di 5 e poi questi vaccini sono stati tutti sviluppati da piccole case farmaceutiche che fanno molta innovazione e ricerca e poi semmai, come il caso della Biontech, comprati da compagnia e da aziende più grandi come il caso della Pfizer.
Dunque da questo punto di vista qui parliamo solo di ricerca, di denari, di innovazione e di scienza. I vaccini sono un successo per tutti. E quello italiano lo è ancora di più.
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