La lotta al femminicidio oggi vede la voce di Barbara Bartolotti, vittima di un brutale attacco da parte di Giuseppe Perrone, collega di lavoro dell’epoca.

Siamo nel 2003, a Palermo, e durante l’incontro Barbara in un attimo si ritrova a terra colpita da ripetute martellate, coltellate e in seguito data alle fiamme proprio da Perrone. “Non posso averti quindi meglio ucciderti“. Sono queste le parole, a detta della vittima, che il collega le ripeteva durante l’aggressione.

Barbara Bartolotti

Barbara Bartolotti è sopravvissuta, ha una nuova famiglia ma il suo aggressore è libero e lei, di contro, si batte perché giustizia sia fatta. Tramite la sua associazione “Libera di vivere” ha deciso di lottare, non solo per lei ma per tutte le donne vittime di violenza. La sua denuncia colpisce anche lo Stato italiano: “Se per lo Stato e la legge italiana lui è stato definito un nonviolento viviamo in un mondo in cui le leggi girano al contrario”. Con queste parole lancia un messaggio di contestazione anche alla città di Palermo, dalla quale non ha ricevuto un minimo supporto da quando ha dato vita all’associazione.

A “Un giorno speciale” Antonio Guidi, neuropsichiatra ed ex Ministro della Famiglia, risponde all’aiuto della donna e afferma: “Chiederò a Giovanna Marano, assessore alla cultura del Comune di Palermo, di darti subito una sede per la tua associazione. Non possiamo fermarci qua” e assieme a Francesco Vergovich intervista Barbara Bartolotti al riguardo.

Ecco le riflessioni più importanti che sono emerse sul caso.

“Se per lo Stato e per la legge italiana lui è stato definito un nonviolento, è perché la sua crudeltà non è stata messa alla luce. Questo è accaduto forse perché non ero la figlia di un giudice. Se noi continuiamo a far si che il legislatore faccia questi tipi di riti, gli avvocati continueranno a metterli in atto. Se per lo Stato italiano Giuseppe Perrone ha commesso il fatto ma non meritava la galera ma un posto in banca io non credo che qualcuno perda tempo ad analizzarlo in questo senso.

Mentre ero in terapia intensiva i carabinieri con il magistrato mi hanno fatto un interrogatorio di 4 ore. Inoltre la legge e il tribunale hanno chiesto una perizia, da pagare, nei miei confronti. Psichiatrica e biologica. Ho speso quasi 5mila euro. Sicuramente i figli di Giuseppe Perrone ne piangeranno in un senso perché vivono in un paese in cui gira il libro che ho scritto al riguardo.

Oggi viviamo in un mondo in cui le leggi girano al contrario. Ho perso anche un figlio quel giorno, ero incinta. Chi me lo riporta indietro?

Le cicatrici del mio corpo le porto con rispetto, è più bello come noi ci sentiamo dentro che come appariamo fuori. Dopo tutto ciò che ho vissuto voi pensate che posso andare a casa e morire? No, i miei figli hanno una mamma, mio marito ha una donna accanto con le palle quadrate e che combatte. Domani dovranno dire che ho fatto di tutto per ottenere giustizia, anche se lo Stato per me non c’è stato. E allo stesso tempo devo mettermi dalla parte dello Stato per le prossime generazioni, perché qualcosa cambi!”.


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