Avendo giocato a calcio, penso che sia stata la troppa emozione, più che una perturbazione nikefobica, a far sbagliare il passaggio che il giovane portiere Montipo’ stava tentando di fare all’ottavo minuto del primo tempo, al suo compagno Glick.
Bonazzoli, che era nelle vicinanze, all’erta, ha intercettato la palla e senza esitazione ha servito il sempreverde Quagliarella, il quale, avendo risolto, alla sua veneranda età, il suo personale complesso edipico, l’ha depositata in fondo alla rete, deridendo, in questo modo, le immagini paterne distruttive rappresentate in quell’istante dal portiere; e facendo ‘scomporre’ a causa dell’esuberante eccitazione dell’Es, la lunga, innevata e de-cadente chioma del presidente Ferrero.

A confermare la iella, che ad alcuni porta il numero 17, appena il minuto diciassettesimo scocca, Can-dreva passa l’osso a Colley che segna il 2 a 0. Per un istante, dallo sconforto, sono andato in confusione totale; al punto da confondere Colley con Collie e Candreva con Can-di-Eva; ma in fondo, la razza è la medesina: mastini calcistici che non mollano mai.

Inutile negare che mi sono ripreso da questo violento e disorientante uno-due iniziale, grazie all’incrollabile fede e presunzione nelle stregonerie della Strega, ma soprattutto dal fatto che mi sono riempito (per darmi un po’ di spirito) un bicchiere di Strega e me lo son bevuto in un solo sorso. L’alcol aiuta a lenire il dolore dell’anima; e non c’è maggior dolore nell’anima, che veder perdere due a zero la squadra per cui si tifa, dopo appena 17 minuti di gioco e nella prima partita di campionato.

Sarà stata qualcuna delle 70 erbe della Strega, che dopo qualche minuto dal bere quel bicchiere, vedevo Viola dappertutto. In ogni parte del campo. A sinistra, a destra, su , giù, Viola, Viola: Nicolàs Viola, il talento del Benevento.
Al minuto 33 (per alcuni, numero di morte) risorge il Benevento. Letizia, che spesso rappresenta bene il significante del suo cognome e che non si risparmia mai sul campo, crossa la sua solita palla in area, e Caldirola, la mette dentro; dimostrando che l’emozione per la prima partita in serie A, si può controllare, con la consapevolezza, che nello spazio del confronto, prima dei calciatori, entrano in gioco le diverse personalità dei ventidue uomini in pantaloncini corti.

Il Benevento, onestamente, non ha mai mollato, né dato la sensazione di poter essere travolto dalla squadra dell’ormai mitico-apatico Ranieri.

All’inizio del secondo tempo, il viso eternamente addolorato e il medesimo taglio di capelli di venticinque anni fa, aumentavano l’aspetto drammatico dell’allenatore del Benevento. Ma lasciavano intuire a chi lo conosce abbastanza bene, che una cosa è essere una pippa e un’altra un Pippo. Pippo e i suoi collaboratori hanno quasi sempre il cambio giusto al momento giusto. Ed ecco Tuia, Hetemaj, Improta, a rinvigorire la squadra. Poi il secondo gol di Caldirola e la perla finale di Letizia. Il Benevento supera 3 a 2 la Sampdoria e in attesa del suo giocatore di maggior talento, Nicolàs Viola, sorride.

Per quanto concerne la ‘gara’ fra i fratelli Inzaghi, la comprensione e valutazione de “il complesso dei fratelli” è appena all’inizio, in questo campionato condizionato da un virus di cui non si conosce il padre e dall’inefficienza (o consapevolezza omicida) della politica internazionale: Pippo o Simone? Chi vincerà la gara nel cuore di mamma e papà?

Mimmo Politanò