Idem, eadem, idem“, ovvero ciò che è uguale solo a se stesso. Dalla declinazione del sostantivo latino ereditiamo più di quanto si possa immaginare: la definizione di una cultura che passa per la conoscenza di noi stessi, ma anche per il confronto con le altre.
Così possiamo introdurre il concetto di identità, in un’epoca storica in cui spesso viene fraintesa, quando non degenerata nei concetti – che poco o nulla c’entrano – di razzismo, nazionalismo, etnocentrismo offensivo verso gli altri popoli e culture.

Per questo secondo Diego Fusaro allo stato attuale è necessario “Difendere chi siamo“, come afferma nel suo nuovo libro.
Non difendere un nazionalismo aggressivo, che spesso vediamo degenerare in atti provocatori, quando non aggressivi nelle prime pagine, ma una visione del mondo ben delineata, che passa necessariamente per i nostri valori.
Così viene smentito il “discorso del globalista”, che per il filosofo è il vero nemico – dialetticamente – da combattere, in quanto atto a distruggere l’identità (e quindi valori e diritti).
Sentite cosa ci ha detto in diretta a ‘Un Giorno Speciale’.

Le identità sono gli ultimi fortilizi di resistenza contro l’insensatezza del mondo a forma di merce che mira a disgregarle, promuovendo un finto multiculturalismo. Esso può esistere solo ove vi siano identità differenti in dialogo tra loro.
Il discorso del mondialista invece distruggerle fingendo di valorizzarle, come avviene in quelle pubblicità dove mi mostrano bambini con il colore della pelle diverso, ma vestiti tutti delle stesse marche pubblicitarie: si finge di valorizzare la differenza nell’atto stesso in cui la si neutralizza.

Perché vi sia un dialogo tra identità, occorre però che vi siano le identità. Ecco perché solo chi ha un’identità forte può dialogare realmente con le altre. Il dialogo tra identità non presuppone la neutralizzazione delle identità, ma anzi, presuppone le identità forti. Per questo il nemico oggi non è chi ha un’identità diversa dalla nostra, ma chi non vuole le identità.

Sotto il segno omologante della forma “merce” prosperano le disuguaglianze. Ecco perché il discorso del mondialista chiama “uguaglianza” l’omologazione, chiama “internazionalismo” il cosmopolitismo dei mercati e continuamente cerca di nobilitare il male con il nome del bene.
Oggi il globalista liquida le identità sotto il nome di xenofobia, liquida le nazioni sotto il nome di “nazionalismo regressivo”, liquida la famiglia sotto il nome di omofobia e patriarcato e sostanzialmente utilizza la degenerazione come nome per chiamare la cosa stessa. Sarebbe come dire che il polmone, in quanto tale, è la polmonite.

Come il discorso del globalista mira a disgregare gli stati nazionali come fortilizi di democrazia e di diritti, così mira a disgregare le identità come sovranità spirituale dei popoli per imporre invece una sorta di indistinzione globale che è il luogo ideale per lo scorrimento delle merci senza limiti“.


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