Un tocco sul piede non è necessariamente un infrazione; togliamoci subito il dente sull’episodio riguardante l’azione dalla quale poi scaturisce il pareggio di Spinazzola, per il quale il cinquantacinque per cento del merito va assegnato all’apertura di Dzeko, vero demiurgo del fronte offensivo romanista, stasera. Come quasi sempre, del resto.
Fuor di polemica, Roma e Inter avevano dato vita a un primo tempo intenso, caratterizzato da toni agonistici quasi pre – COVID, per rendere l’idea. Efficacemente attendista l’Inter, che trova il vantaggio con De Vrij, il quale stacca con la consueta perentorietà, ma con troppe titubanze delle maglie giallorosse che gli restano sotto, Kolarov in testa, sul pallone con i giri contati recapitatogli da Sánchez.
Nella ripresa, l’Inter si ripresenta innervosita dal finale del primo tempo e meno efficace nel rilancio dell’azione. Dzeko riempie la metà campo avversaria con tutto il suo sontuoso campionario tecnico: aperture; protezione della palla; “terzo occhio” nel cogliere gli inserimenti dei compagni, primo tra tutti un Mkhitaryan fulgido, via via più brillante nella ricerca della progressione e del corridoio palla a terra nei venticinque metri finali. Arriva così il due a uno, con generosa collaborazione del “flipper” difensivo in area nerazzurra.
Troppo prevedibile e deludente, l’Inter del secondo tempo, prima e dopo i cambi di Conte. Ci si preoccupava del fatto che la Roma, dopo metà gara, potesse diventare prevedibile per l’Inter. È accaduto il contrario, di fatto: giudizio che non cambia dopo la mostruosa – mostruosa – frittata di Spinazzola. Lukaku fa due a due, dal dischetto.
Finisce con l’Inter che ringrazia per un regalo molto più generoso di quello ricevuto dalla Roma. Quest’ultima, però, stasera ha dimostrato di avere i giri nelle gambe e una ormai consolidata identità tattica.
Paolo Marcacci
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