Gianluigi Paragone è fuori dal Movimento 5 Stelle. Lo ha deciso il collegio dei probiviri, l’organo interno al partito che si occupa di controllare e prendere provvedimenti nei confronti di chi viola le regole interne al Movimento.
Ai nostri microfoni la replica del Senatore: “Farò ricorso”.
Chiariamo una cosa: ho fatto una scelta della quale non sono pentito e della quale sono ancora innamorato. Io sono ancora innamorato del programma elettorale con cui sono stato eletto e su cui ho fatto la campagna elettorale.
Io lì dentro ci sono ancora. Ho contestato e contesto quello che per me è il nulla: la decisione della burocrazia, dei probiviri, del capo politico, di chi sta interpretando il Movimento come un movimento di palazzo.
Farò ricorso.
Io non considero il Movimento 5 Stelle il nulla, il nulla per me sono i burocrati che hanno voluto accelerare con una espulsione e che hanno rinnegato quella che era il mio sentire rispetto al programma elettorale.
Io penso di essere un interprete anti-sistema. Passare alla Lega? Se sono anti-sistema non posso andare con altre forze. Non posso stare con una forza che mi dice che Mario Draghi è il Presidente della Repubblica o che comunque non mette neanche in discussione il fatto della reversibilità dell’Euro. Salvini ultimamente ha detto che l’Euro è irreversibile.
Se una forza come il M5S è anti-sistema deve iniziare dalle piccole cose, come la puntualità nelle rendicontazioni.
Io sono un movimentista, poi se qualcun’altro interpreta secondo logiche di palazzo e burocrazia è un problema suo.
A me vanno bene i probiviri, ma devi essere probo, corretto, uguale per tutti. Sono stati aperti circa 100 casi, non c’è stata la stessa solerzia con cui hanno trattato il mio caso.
Il problema è: Paragone è un rompicog**ni che dà fastidio, quindi è meglio espellerlo.
Di Maio? Se non fosse d’accordo si dovrebbe dimettere immediatamente perché vuol dire che come capo politico è la sua tomba. Lui ha ratificato una scelta e un metodo.
Io non voglio un Movimento addomesticato, altrimenti non avrei fatto questa battaglia. Io voglio un po’ di sana ribellione. Dentro il Paese questa ribellione c’è, o se ne rendono conto o il paese ci presenterà un conto socialmente preoccupante perché la somma di queste disperazioni e di queste ingiustizie si riverserà in piazza”.
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