Tanti auguri a Michel Platini. L’ex fuoriclasse della Juventus e della Nazionale francese compie oggi 67 anni. Una carriera superlativa da calciatore nell’arco dei mitici anni ’80 del secolo scorso seguita da un cammino denso di soddisfazioni e incidenti di percorso nella veste di Presidente della UEFA.

Il 22 novembre 2019 Radio Radio Lo Sport ospitò il mito transalpino in una diretta indimenticabile. Un’intervista a tutto tondo in cui Le Roi affrontò senza filtri e a cuore aperto tematiche anche spinose. Con lui anche Lionello Manfredonia ha ricordato i tempi dei grandi successi in bianconero.

Ecco l’intervista completa a Michel Platini

Durante la presentazione del libro a Milano tutti hanno visto un uomo sereno, una persona uguale a quello che era in campo. E’ la dimostrazione che la giustizia ha lasciato il segno su di te ma non ti ha cambiato?

Il primo mese è stato particolarmente duro, quando tu sai come sono andate le cose e vuoi soltanto avere un po’ di serenità. La giustizia ordinaria dopo mi ha mollato ma quella sportiva non l’ha fatto. Non ho nulla da rimproverarmi, è stato un tempo lungo e complicato, ma sono stato totalmente sereno. Dopo essere stato accusato da tutte le parti ho iniziato io ad accusare gli altri e sono venuti a chiedermi spiegazioni. E’ stata una brutta faccenda, mi batto per combattere quella giustizia sportiva che fa la giustizia di se stessa.

Nel libro “Platini, il Re a nudo” hai scritto tutto quello che avevi dentro in quella situazione?

Era difficile scrivere tutto quello che avevo dentro. Ho spiegato le cose per come le ho vissute io, non per come sono state. Se dovessi scrivere per come sono state dovrei metterci mille cose e questa faccenda non è finita. E’ una storia che fa credere al mondo intero come funziona la giustizia della FIFA, che fa come vuole lei, che tende a proteggere il suo potere. Questo non mi va bene, la FIFA mi ha dato dei soldi e mi ha sospeso per questo, è un grosso problema. Io mi batto contro questa giustizia, perciò sono andato alla Corte dei Diritti Umani a Strasburgo: c’è un sistema clamoroso per difendere tutti quelli che sono dentro. Non voglio una giustizia mafiosa, una giustizia per se stessa.

La tua ascesa come dirigente ci aveva aperto un orizzonte che era quello che molti chiedevano da tempo: portare i calciatori più grandi dentro la casa del calcio a discapito dei burocrati che lo fanno per denaro e per ambizione. Questa tua vicenda lascia pensare che questo progetto sia impossibile?

Sono arrivato con quei propositi perché mi volevo occupare del gioco, delle regole, dello sviluppo del calcio del mondo, perché il calcio esiste in tutto il mondo, non solo in Francia o in Italia. Volevo dare il mio contributo al calcio. Per me i presidenti del calcio mondiale dovrebbero essere Messi o Ronaldo, perché sono i calciatori che fanno la gioia di questo mestiere.
Siamo in un mondo in cui questa gente vuole sentirsi importante, ma in realtà non hanno mai calciato un pallone, non sono nulla, sono semplicemente i capi di una faccenda amministrativa e non ci vogliono bene. Gli servono solo i calciatori per fare le foto, ma una volta fatte li mandano fuori perché gli fanno ombra.
Poi un calciatore che vuole avere questa responsabilità deve andare all’elezione, e non è facile chiedere alla gente di votarlo e avere questi oneri: quel mondo è un po’ complicato.

Hai avuto molti nemici che hanno sfruttato questa situazione per estrometterti?

C’è molta gente che ha sfruttato quella situazione e non voleva che tornassi nel mondo del calcio. Per questo la giustizia farà il suo corso.

Hai fatto fatica a ritornare alla vita normale dopo aver smesso di giocare?

No perché in seguito sono stato allenatore della Nazionale francese, presidente del comitato esecutivo, presidente della Coppa del Mondo in Francia e in seguito sono entrato nell’UEFA.

Ti piace ancora giocare a calcio? Come ti vede il pubblico?

Giocare a pallone è un po’ difficile, dopo quattro anni è un po’ complicato. Mi tocca giocare con le mie nipoti quando le vedo durante le ferie.
Con la gente non è cambiato nulla, per loro sono sempre stato Michel Platini, mi hanno sempre visto così, non come presidente dell’UEFA o vicepresidente della FIFA, se ne fregano. La gente ama i calciatori, non i dirigenti e i burocrati. Per loro sono sempre stato il Michel Platini che li ha emozionati per tanti anni.

Ci sono tante differenze tra il calcio di prima e il calcio moderno. Ti piace ancora questo calcio?

Il calcio di oggi è bellissimo, dopo la legge Bosman degli anni 90′ ogni grande squadra può avere grandissimi giocatori. Tutti i migliori calciatori del mondo sono riuniti in dieci squadre, guardate le competizioni come la Champions dove giocano tutti contro tutti, è bellissimo, molto meglio del calcio di una volta.
Doppiamo togliere il calcio a quelli che vogliono fare più soldi, quella è la difficoltà. Oggi ti permetti di vedere tutte le partite in TV, la televisione ha portato tanti soldi e quindi sono arrivati gli amanti del denaro. Quando la gente lascia il calcio lo fa perché vede gli stipendi plurimilionari ma purtroppo non è più il gioco popolare che era una volta.
Ricordiamoci però che centinaia di milioni di persone giocano a questo gioco senza essere pagate, semplicemente perché lo amano. Questo è il calcio che può essere interessante, quello dei nostri bambini.
Poi ci sono gli investitori thailandesi e cinesi come quelli dell’Inter non perché gli piace il calcio, ma perché diventa un modo di fare più soldi.

Quando giocavi con Falcao, Zico, Maradona c’erano rapporti più semplici. Tu ti concedevi alla stampa e Maradona aspettava di essere intervistato: secondo te c’è tempo di tornare indietro?

Penso che nella vita ci sia un evoluzione di tutto e di tutti. Non so se fosse meglio prima o se è meglio oggi, se prima c’era emozione con Maradona, con me o con altri oggi i bambini si emozionano con Ronaldo, Messi e Mbappé. Alla fine il calcio si gioca sempre undici contro undici con un pallone e darà sempre delle emozioni.

Sarebbe opportuno oggi avere dei corsi per dirigenti sportivi?

Direi che oggi le cose economiche sono diventate molto importanti.
Se tu non hai soldi non hai i migliori giocatori perché loro vanno nelle squadre migliori, dove ci sono più soldi, dunque la priorità è fare più soldi per avere i migliori giocatori.

Ci racconti un episodio di campo insieme a Lionello Manfredonia?

Lionello aveva problemi a darmi il pallone. Mi diceva che non me la passava perché avevo sempre uomini attaccati alla schiena e io rispondevo: “Ma sono vent’anni che ce li ho attaccati alla schiena, tu dammi il pallone lo stesso!”.

Com’era Manfredonia in campo e nello spogliatoio?

Lionello era bravissimo, passavamo un po’ di tempo insieme anche fuori dal campo andando a cena dopo gli allenamenti. Lui è arrivato alla fine della mia carriera, aveva un modo un po’ differente di giocare rispetto a quello che avevamo noi e quando è arrivato abbiamo vinto lo scudetto.

Chi inseriresti nella classifica dei più forti di tutti i tempi?

L’ho visto giocare soltanto nella Coppa del Mondo del ’70 ma dico Pelé. Pelé era Dio. Il mio idolo però era Cruijff.

A che punto è secondo te la crescita di tante piccole nazioni di cui tu stesso sei stato responsabile della loro apertura al calcio?

Questa è la cosa più importante per un dirigente di calcio perché tutti hanno il diritto di giocare a pallone e tutti hanno il diritto di poter vincere. Questa è stata ed è la mia filosofia da dirigente del calcio europeo.

Cosa pensi della nazionale italiana e del lavoro di Mancini con i giovani?

Non la conosco molto perché non ho seguito molto queste grandi nazionali che si possono vedere durante le grandi competizioni internazionali, ma Mancini è stato bravissimo in quel che ha fatto, siete stati fatti fuori dalla coppa del mondo quindi era importante ricominciare da capo coi giovani. La squadra italiana ha possibilità importanti per la prossima competizione, vedremo se davanti agli occhi del mondo tornerà la grande nazionale che è sempre stata prima delle eliminatorie contro la Svezia. Non vedere l’Italia alla Coppa del Mondo è stato strano.

Puoi spiegare meglio perché non ti piace la Var?

La prima cosa da dire è che gli arbitri non sono buoni, se lo fossero stati non sarebbero servite le immagini. Io ho giocato per quindici anni e so benissimo che la Var non risolve i problemi. Lo vorrei, ma se volessimo risolverli tutti le partite durerebbero quattro ore. La Var dovrebbe intervenire anche quando c’è un fallo che non è fallo che avrebbe potuto portarti al gol. Se c’è un calcio d’angolo che non lo era e prendi gol dovrebbe intervenire anche lì. Quando si vede un fallo in TV sembra mostruoso, ma potrebbe anche non essere fallo. Quante volte Bruno Pizzul ha detto che era fallo e i calciatori non si erano nemmeno toccati o che non c’era e mi avevano rotto la gamba? Non si fanno queste cose, in TV non si dice solo la verità, gli occhi umani sono migliori degli occhi elettronici. Per me è sempre stato così. Nel primo tempo di Francia-Croazia, finale di Coppa del mondo, la mano del rigore è totalmente involontaria, la palla viene tirata a cinque centimetri dalla testa dell’altro dunque per me non c’era fallo. Sul secondo gol il fallo su Griezmann non c’era e in seguito a quella punizione abbiamo fatto gol. Due gol per merito della Var: da quello ho dedotto la verità su questa faccenda. Ma poi si toglie tanta emozione per che cosa? Per un gol-non gol? Non penso sia così importante.

Michel Platini tornerà ad avere un ruolo nella Juventus? I bianconeri possono arrivare a Pogba e Mbappé?

Ho sempre detto che non si vivono due volte le stesse storie d’amore. Ne ho vissuta una grande con la Juventus, sono rimasto quello che sono stato, ho vissuto quello che ho vissuto e ho paura di non ritrovare quello che ho vissuto trent’anni fa. Dopodiché ho un bellissimo rapporto con la famiglia Agnelli, ero molto contento quando sono tornati nel calcio attraverso Andrea che sta facendo un buon lavoro. Su Pogba non lo so, su Mbappé posso dire che diventerà il miglior giocatore del mondo, dunque è normale che la Juve voglia prenderlo ma ci sono tante squadre che lo vogliono.