Un compendio di autentica cultura sportiva. Per i vincitori, che non si sono fermati fino al triplice fischio; per gli sconfitti che in questo modo sono stati molto più rispettati che nel caso in cui il Leicester si fosse fermato al quarto o quinto gol. Ricordate il bailamme di dodici anni fa dopo quei sette gol della Roma al Catania, con Spalletti che si scusava nel sottopassaggio?
Sua Maestà dell’area di rigore: in Bundesliga come in Champions League, passando per la coppa nazionale. In ogni modo e da ogni posizione, scrivendo il kamasutra del gol. Il record di Gerd Müller (40 reti stagionali) è un traguardo, non più un miraggio.
L’intero vertice del campionato frena e impatta contro le cosiddette provinciali; gli uomini di Gasperini, nel cui (presunto?) provincialismo alberga una parte della propria forza, asfaltano letteralmente l’Udinese, che fino al pomeriggio di ieri aveva imbarcato meno acqua di ogni altra compagine di Serie A.
Non l’avremmo certo detto alla vigilia di un match definibile “di secondo piano” quanto a soglia di interesse, ma al “Luigi Ferraris” sono andate in scena quattro segnature di fattura pregevole, a cominciare dalla punizione telecomandata di Tonali, per finire con la conclusione perentoria di Pandev, fulmineamente indirizzata all’incrocio.
Non era facile riprendere una partita come quella contro il Cagliari, carico agonisticamente, sempre più organizzato e galvanizzato dal coniglio che Nandez aveva pescato dal cilindro. Deve essere stato bravo Mazzarri nell’intervallo, perché nella ripresa il Toro ha incornato, almeno parzialmente, la propria crisi.
Si perde, sulla scia delle percussioni di Karamoh e Gevinho, la possibilità di un piccolo, parziale ma al tempo stesso significativo set point stagionale. La faccia di Conte al termine della gara col Parma dice molto; il suo tono di voce tutto.
Frena la Juventus, in modo inaspettato e sciupando un bel po’; frena poi l’Inter, in maniera a quel punto ancora più un’attesa, facendosi venire il proverbiale braccino. A quel punto, da Ferrara ci si aspettava una Piedigrotta di gol e superiorità partenopea: va in scena una gara equilibrata, tatticamente sospesa, segnata un po’ anche dalle parate di Berisha e da un palo, ma un bel po’ anche dal turnover sistematico e forse eccessivo di Ancelotti, che stavolta tiene fuori Meret, Callejon, Fabian Ruiz.
La scala numerica dei voti impone anche una severità eccessiva, lo premettiamo. L’olandesino, però, fino a questo momento per difesa della Juve è stato una specie di piaga biblica. Va preso per mano, per via di metafora e non come usa fare lui in area col pallone.
Voto “comportamentale”, stavolta, con dispiacere: dalle rimostranze plateali in panchina nei confronti di Montella, alla spinta al guardalinee a fine partita. Non accettabile, a maggior ragione da un grande ed esperto giocatore come lui.
Persino il voto 1 sarebbe stato generoso. La sola idea che il nome del povero Emiliano Sala possa essere pretesto di sfottò, attraverso il finto biglietto aereo (notare il numero di volo), fa meritare a questi mentecatti il solo epiteto possibile: infami. Ci sono occasioni nelle quali nessun sinonimo può edulcorare un concetto. Questa è una di quelle.
Paolo Marcacci
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