Si dice sempre che l’esempio deve, o dovrebbe venire dall’alto. Stavolta è arrivato dal basso, se così si può dire, ma con una forza dirompente: siamo nello “scantinato” della FA Cup, tra due club di quinta divisione, con un estremo difensore nero insultato dal pubblico avversario per il colore della pelle. L’intera squadra lascia il terreno di gioco. Tutta la forza di una presa di posizione.
L’ingresso in campo; gli applausi di uno stadio intero e di un pubblico che non lo ha certo amato, nel tempo, né come giocatore né come tecnico; il palleggio abbozzato quando la palla è uscita; l’incazzatura finale.
In ogni cosa, un inno alla vita.
Per le scuse a Rolando Vieira. Intrapreso un cammino virtuoso, la società giallorossa mostra di volerlo proseguire, onorando i principi che lo hanno ispirato.
Si chiama coerenza, merce rara nel nostro calcio così spesso cialtrone e ipocrita.
Una doppietta a sustanziare una partita che si stava facendo complicata per la banda di Ancelotti; due gol da uomo d’area, con il secondo in particolare che è sintesi di scelta di tempo, lettura della traiettoria della palla, anticipo sul marcatore. Oltre a tanta “fame”, che è quella che fa la differenza, oltre a cambiare il giudizio su un attaccante.
Il voto è una media (molto) ponderata tra il primo tempo insussistente della Lazio e il suo ritorno agonistico nella ripresa. Deve, in particolare, essere stato bravo e al tempo stesso delicato nell’intervallo, con i suoi.
Indipendentemente dal fatto che possa anche avere una parte di ragione, sulle sfumature di alcuni episodi, si pronuncia in maniera rude, sfiorando la villania. Oltretutto, prima di chiamare in causa i presunti (da lui) errori arbitrali, dovrebbe ragionare sul calo verticale dei suoi, che dopo i primi 45’ avevano provocato un profluvio di aggettivi entusiastici in tutta Italia.
Non per l’episodio teoricamente incriminato che riguarda De Ligt, perché non è rigore; ma per non essersi nemmeno lasciato sfiorare dal dubbio in occasione della rete decisiva di Pjanic, che ha spinto in modo quasi plateale Mbaye. E, a proposito di De Ligt, c’era probabilmente un rigore su di lui nel primo tempo.
Lo stillicidio dei minuti in un pomeriggio da encefalogramma piatto. Aspettando il metaforico Godot di un’emozione autentica, di un sussulto, di una giocata da ricordare.
Il fatto è troppi allenatori, opinionisti, addetti ai lavori in senso lato conoscono il regolamento, i suoi aggiornamenti, le sue sfumature.
Forse il contenuto della parentesi è peggio di ciò che la precede.
Paolo Marcacci
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